Rassegna storica del Risorgimento
Toscana. Storia. Secolo XIX
anno
<
1997
>
pagina
<
344
>
344
Antonio Chiavistelli
scritto suscita nel suo complesso, è soprattutto la parte relativa alla terza classe ad indicarci la misura, oltreché della elevata coscienza politica del barone Ricasoli, anche della situazione istituzionale della Toscana nella prima metà del 1847. Egli, infatti, avanzava la richiesta di una riforma istituzionale, precisando che per sistema legale s'intende [...] il complesso di quelle Istituzioni monarchiche, che non scemano l'autorità sovrana, ma [che], dividendo semplicemente le attribuzioni con ben definite e ben armonizzate competenze, fanno sì che il Principe possa sapere i più vari bisogni. ... [Infatti] la Monarchia [...] ha bisogno d'istituzioni che siano appropriate a lei, e che rendano possibile il giusto comando di uno solo procurando che conosca, senza essere ingannato, i bisogni pubblici.28) Rica-soli appariva ancora più esplicito quando sosteneva: manca un'istituzione monarchica che abbia la competenza di rappresentare al Principe i bisogni ... [e che] questa istituzione è necessaria ora in Toscana più che in altri tempi e luoghi.29) Egli, inoltre, sottolineava anche la ormai assoluta inadeguatezza ai tempi dell'istituzione municipale, di cui suggeriva un perfezionamento unito al conseguente riconoscimento del valore storico sociale che essa rivestiva per la Toscana, il tutto collegato [...] in una forma nuova, monarchica sì, ma coerente alla sapienza antica, [...] e degna della saviezza e bontà del ministero, e del Principe .30) Le richieste di Ricasoli, sebbene favorevolmente accolte e giudicate da Cempini degne di essere studiate, non trovarono che una minima risposta, perché è chiaro che allora, a corte, le eventuali riforme venivano considerate solo uno strumento per inibire la nascita di pericolose agitazioni sociali, e non certo un mezzo per modificare le istituzioni, tantomeno per riportare all'antico splendore le istituzioni municipali. A tale proposito, indicativo della distanza che separava la mentalità degli ambienti governativi da quella del gruppo dei liberali, risulta un passaggio del dialogo tra Cempini e Ricasoli:
Cempini: mi piace tornate a dichiararle che io intendo, e credo mio obbligo di mantenere intatta la dignità Sovrana, e non bisogna dimenticare che tra noi il Sovrano è assolato.
Ricasoli: non v*è dubbio, ma assoluto dirimpetto a noi, ma non dirimpetto alla legge di etema giustizia.
fiducia che fosse accolta dal Principe. Cfr. B. RlCASOLT, Carteggi, raccolti e curati da MARIO Nomi e SERGIO CAMERANT, Bologna, N. Zanichelli Edit, 1940, voi II, p. 197.
28) B. RICASOLI, Letto* * documenti raccolti e curati da A. GOTE, M TÀBARRINI eh., pp. 137-138.
29)iw,p. 139.
30) IH, p. 142, E, sempre riferendosi a Francesco Cempini, In una lettera successiva, Ricasoli scriveva; [lei è] un Ministro che alle tradizioni del passato, unisce animo capace a fare glorioso e benedetto, con istituzioni degne e date a tempo, il regno di Leopoldo II. Cfr. B. RICASOLI, Carteggi, raccolti e curati da M. NOBILI e S. CAMERANI cit., p. 197.