Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Araldica. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <378>
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Andrea Moroni
riconosceva più alcun privilegio alla nascita, ma tuttavia significativa di una proposta anche politica, che in forma più o meno scoperta trovava spazio nelle pagine di riviste e pamphlet. Una proposta e una riproposizione di un ceto tutt'altro che esente da contraddizioni, da ambiguità e anche da va­cuità, ma, nonostante il sostanziale anacronismo di queste posizioni, le pubblicazioni che se ne fecero sostenitrici conseguirono un successo di pubblico e una autorevolezza in materia, che consentì loro di conservare spazio nel panorama editoriale italiano per quasi mezzo secolo, sebbene (o proprio perché) si trattasse di un periodo, tra la fine del secolo XIX e l'avvento del fascismo, che segnò il decollo del sistema industriale italiano e l'afférmazione di una più ampia partecipazione popolare alla vita pubblica.
Non si trattò, dunque, solo di un exploit momentaneo, ma di un fe­nomeno più corposo, che trovava forza sia negli elementi di crisi di cui si è accennato (e che avevano quasi un simmetrico riscontro, come vedremo, nelle tematiche più ricorrenti in queste pubblicazioni), sia, evidentemente, nell'esistenza di un pubblico che teneva in grande stima il riconoscimento dei titoli nobiliari, o perché li poteva vantare da secoli, o perché vedeva, nell'attribuzione di un titolo e nella conseguente comparsa del proprio nome in uno dei vari elenchi nobiliari, il prestigioso riconoscimento della posizione sociale raggiunta.
3. Uno dei principali aspetti che queste pubblicazioni si trovarono ad affrontare fu quello dei conti con la storia. Non solo la storia più recente, un campo dove poteva essere più semplice, visti i pericoli e le contraddi­zioni che si trovava ad attraversare il nuovo Stato italiano, trovare argo­mentazioni a sostegno dell'utilità della guida di un ceto superiore virtuoso e lontano dagli egoismi individuali, ma anche e soprattutto nei confronti della storia più antica. Si trattava cioè di mostrare la necessità di un ceto nobiliare, l'utilità che esso aveva avuto nella storia dell'umanità nell'affer-mare la libertà e il progresso della civiltà. Non solo, le stesse radici nella storia più antica erano esaltate quali fonte di saggezza e di virtù, quale ar­ane contro le passioni del secolo. Ma queste radici nella storia non pote­vano più essere affermate sulla base di genealogie approssimative, che guardavano più al mito che alla realtà, al contrario dovevano fondarsi sulla forza e il rigore della documentazione storica.
Cosi, nell'articolo che presentava la pubblicazione del primo numero del Giornale Araldico-Genealogico-Diplomatico si poteva leggere: Noi dun­que ci siamo proposti di frugare nei secoli passati la storia della nobiltà, d'illustrarne gli emblemi e i simboli gloriosi [...], non già nell'intendimento di risuscitare un'aristocrazia ormai condannata a non più esistere dalla ci­viltà e dal progresso, ma a fine di richiamate alla memoria dei presenti le tante glorie degli avi, perché siano di eccitamento a degnamente imitarle, per ridestare l'attenzione loro sopra un ramo importantissimo di archeolo-