Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Araldica. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <381>
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Pubblicazioni araldiche di fine Ottocento 381
servò non solo il suo potere, ma anche la protezione delle libertà dei gruppi contro raccentramento dello Stato.15)
In queste affermazioni si può vedete anche un riflesso del pensiero di Mon­tesquieu. Come notava De Ruggiero, l'affermazione di Montesquieu secondo cui la libertà è antica; il dispotismo è recente, non è priva di verità storica. La libertà nota De Ruggiero è più antica dell'assolutismo della monarchia moderna, perché ha la sua radice nella società feudale. Qui essa ci appare come frazionata e quasi sparpa­gliata in una miriade di libertà particolari, ciascuna delle quali è chiusa in un involu­cro, che la cela ma insieme la protegge: come tale noi la conosciamo sotto il nome di privitelo. Dove la forza dello Stato è ridotta a una mera parvenza, la libertà non può sussistere che a questo titolo: in mancanza di una tutela superiore e comune, le sin­gole forze cercano di tutelarsi da sé, riunendosi insieme in ragione delle loro affinità più prossime, e cosi si procurano quel tanto di sicurezza che è indispensabile allo spiegamento della loro attività. L'aristocrazia feudale, le comunità urbane e rurali, le corporazioni di mestieri, sono gruppi privilegiati, cioè liberi nella propria sfera (G. DE RUGGIERO, Storia del liberalismo europeo, Milano, ed. Feltrinelli, 1977, p. 3). Anche le ricostruzioni della storia della nobiltà effettuate dagli scrittori araldici e genealogici, al di là delle semplificazioni e della forte componente mitizzante, non erano prive di fondamento storico. Esaltare il medioevo come periodo d'oro della nobiltà corrispon­deva al vero, almeno in quanto in quel periodo non vi erano forze superiori capaci di limitarne o regolarne i poteri. Cosi fu effettivamente l'affermazione degli Stati nazio­nali a limitare il potere della nobiltà. Naturalmente il processo storico fu assai più complesso e ricco di sfumature rispetto allo schema semplificato esposto dai vari ge­nealogisti, ma dal loro punto di vista era importante sottolineare la purezza del perio­do medievale della nobiltà e i benefìci che il suo potere aveva dato a tutte le popola­zioni. Questa visione portava inevitabilmente al confronto con la situazione politica e sociale che l'Italia stava vivendo in quegli anni di fine secolo, ossia con un sistema in cui all'accresciuto potere pubblico facevano seguito fenomeni di corruzione nel ceto dirigente e di minaccia all'ordine sociale da parte di un popolo esaltato dalle idee di eguaglianza e democrazia. Questi aspetti erano così concepiti come l'inevitabile con­clusione di un processo iniziato con lo svuotamento delle libertà feudali ad opera dei monarchi assoluti Questa chiave di lettura della storia, tutta incentrata sul tema dell'indebolimento della nobiltà, riusciva cosi a incastrare tutti i pezzi del mosaico del divenire storico e, al tempo stesso, indicava una via d'uscita che avrebbe non solo rigenerato il ceto dirigente, ma anche risposto ai grandi temi della questione sociale. Anche questa era infatti conseguenza della scomparsa della società coesa che un tem­po aveva ruotato attorno al signore feudale; da allora si eia progressivamente affer­mato l'individualismo, mentre il popolo aveva perso le sue radici con la terra e con esse ogni esistenza protetta e sicura. Il ritomo della nobiltà, il ritomo alla terra e alle comunità agricole paternamente guidate dai signori, avrebbe restituito quel mondo or­ganico e libero. In tal modo questi scrittori non facevano che estremizzare opinioni assai diffuse nel moderatismo italiano di chi vedeva con timore le conseguenze sociali dell'industrializzazione e anelava ad un ritomo a società agricole (su tali aspetti e Sulla mitizzazione del medioevo in questi anni si veda L. MASCUU MIGLIORINI, Bettino Rica-soli e il tramonto del Risorgimento, in AA. W., Agricoltura e società nella Maremma grossetana dell'800. Giornate di studio per il Centenario Ricasoliano (Grosseto, 9-11 maggio 1980), Firenze, Olschki, 1980, pp. 313-330, che, muovendo dagli scritti e dalle cele­brazioni svoltesi in occasione della morte di Bettino Ricasoli, mette assai bene in luce alcuni di questi aspetti. Si vedano anche le posizioni espresse da Leone Carpi, su cui vedi più avana).