Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Araldica. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <391>
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Pubblicazioni araldiche di fine Ottocento 391
tento.42) Perché ciò avvenisse era però necessario un profondo rinnova­mento della nobiltà. Sul finire del secolo l'aristocrazia appariva a Carpi de­bole e inetta, dopo secoli di inattività e di ozio questo ceto si stava av­viando lungo un pericoloso pendìo di degradazione da cui avrebbe potuto uscire solo con una rigenerazione morale e ideale.43)
H decadimento e la degradazione sono le caratteristiche che accomu­nano molte diagnosi sullo stato della nobiltà anche in diversi scrittori aral­dici Mentre però Carpi puntava l'indice contro la decadenza morale degli ultimi secoli, l'ozio e la mancanza di spirito d'iniziativa,4 altrove si incol­pava la nascita dei moderni Stati nazionali che dal XVI secolo avevano sempre più indebolito l'aristocrazia togliendole poteri e coltivando solo la sua vanità.45) Ma non per questo erano decadute le virtù proprie del ceto nobiliare, queste esistevano sempre, sia pure sepolte e avvilite da secoli dì fiacca esistenza, quali valori congeniti all'essere nobile. Si trattava allora solo di rinvigorirle, richiamarle a nuova vita rincuorando il ceto e convin­cendolo del ruolo che ancora avrebbe potuto e dovuto assolvere. Agli oc­chi di questi particolari osservatori la nobiltà era ancora l'antico ceto me­dievale, quale appariva dai loro studi e dalle loro idealizzazioni del mondo cavalleresco. Le virtù della nobiltà non erano mutate, quasi che gli avve­nimenti storici non avessero fatto altro che coprirle e nasconderle senza però modificarne la sostanza, né, d'altra parte, il divenire storico avrebbe potato stravolgere l'essenza di questo ceto, dato che la nobiltà era un'isti­tuzione di tutta l'umanità, era la storia stessa. Gli scrittori di cose araldi­che si mostravano così molto meno realisti del Carpi, il quale, pur figu­randosi la nobiltà dei secoli passati in termini non diversi da loro e deli­neando per il futuro analoghi compiti, aveva ben chiaro che la nobiltà di fine '800 era il prodotto di profondi cambiamenti storici che ne avevano mutato l'indole e la natura.
Nei periodici araldici la raffigurazione che emerge della nobiltà è dunque quella di un ceto che può essere dirigente, che possiede la levatura
i7> Ivi, pp. 63-64.
9 Ivi, p. 93.
**) Non sono le leggi liberali sulla proprietà territoriale, e sul diritto di testare, che abbiano impoverito la più gran parte della nostra aristocrazia, ma bensì l'ozio (ivi, p. 103); sulla decadenza della nobiltà si vedano poi le pp. 88-105.
*9 Santostelano Della Cerda affermava che il 4 agosto 1789 la nobiltà cedette dò che ormai non possedeva più: già Luigi XI e poi Richelicu ne avevan distrutta la potenza e fiaccato l'orgoglio; e da un pezzo, diritti e privilegi, almeno in gran parte, non esistevan più che di nome (A. SANTOSTEFANO DELLA CERDA, Sangue asRurro eh., p. 9) e più avanti ricordava come l'abbandono della sua primitiva ìndole guerriera avesse paralizzato l'operosità dell'aristocrazia causando la degenerazione in cortigianeria del suo spirito d'indipendenza (ivi, p. 64).