Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Araldica. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <408>
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408 Libri e periodici
sulla base dei registri delle ditte tenuti dalla Camera di Commercio della provincia di Reggio e del censimento ministeriale del 19lt Egli evidenzia la mancata coinci­denza del totale delle imprese risultante dalle due fonti, giustificandola con il fatto che numerose ditte non avevano ancora ottemperato all'obbligo dell'iscrizione san­cito dalla legge del 1910.
Nel dopoguerra, le associazioni cooperativistiche locali cominciarono a godere di particolare protezione, per cui rutti i lavori edili e stradali di interesse pubblico furono affidati alle Società Cooperative di lavoratori. Notevoli furono, comunque, le trasformazioni verificatesi tra l'immediato dopoguerra ed il 1929. L'Autore sotto­linea l'aumento degli esercizi e della forza motrice, soprattutto nell'industria lattiero-casearia, enologica e della macinazione dei cereali, pur in un contesto ancora carat­terizzato dalla piccola dimensione. La frammentazione in piccole unità produttive si ritrovava nel settore agricolo, caratterizzato, però, dal notevole incremento della meccanizzazione, dal consistente impiego di sementi selezionate e dal più contenuto aumento nell'utilizzazione di nuovi concimi. Ciò che consentiva il successo produt­tivo delle piccole unità aziendali, in una società basata sul sistema mezzadrile, era la diffusione della piantata. La vite era maritata a sostegni vivi e sotto di essa si coltivava l'erba medica, il che favoriva l'allevamento di bovini, in particolare della vacca rossa reggiana che fornisce il latte più pregiato per il formaggio grana. Tale sistema, quindi, consentiva una larga autosufficienza e la possibilità di collocare sul mercato le eccedenze, in particolare per la produzione di formaggio e di vino.
Il favorevole andamento dell'agricoltura reggiana fu interrotto da una prima crisi, tra il 1928 ed il 1929, causata dalla siccità, e da una seconda depressione, tra il 1936 ed il 1937, dovuta alla pianificazione dei prezzi imposta dal regime fascista, senza considerare, tra l'altro, le peculiarità geografiche. Cosi, per esempio, il prezzo del grana reggiano fu fissato allo stesso livello di formaggi molto meno qualificati. I diciannove caseifici sociali, ai quali i commercianti offrivano prezzi non remune­rativi, avevano deciso di unirsi per vendere in comune burro e formaggio, senza utilizzo di intermediari, dando vita, fin dall'ottobre del 1934, alle Latterie Cooperative Riunite. Le profonde difficoltà del settore agricolo, accentuate dalla chiusura di molti mercati d'esportazione, favorirono il passaggio di manodopera non qualificata alla grande industria metalmeccanica, rappresentata ancora dalle Officine Reggiane, pas­sate nelle mani dell'IRI, e la proliferazione di piccole attività artigianali, esercitate da imprenditori provenienti da famiglie mezzadrili, in settori come l'abbigliamento, la lavorazione del cuoio, delle pelli e del legno. I nuovi imprenditori, però, non trova­vano adeguato sostegno da parte del settore creditizio, a causa delle notevoli garan­zie reali richieste per la concessione di fido, ma anche causa dell'atteggiamento delle principali banche locali, piuttosto restie a sostenere l'industrializzazione. La Cassa di Risparmio reggiana continuava a privilegiare i finanziamenti, a lungo termine agli enti pubblici ed alle cooperative; queste ultime, in particolare quelle cattoliche, era­no ulteriormente favorite dal Banco di San Prospero; la Banca Agricola Commer­ciale continuava ad operare a favore degli imprenditori agricoli e dei commercianti.
Allo slancio economico, promosso e sostenuto dall'iniziativa privata negli anni Venti, seguì la concentrazione di mezzi e di potere nei principali gruppi industriali, coi si affiancò il massiccio intervento dello Stato nell'economia. Anche nel settore elettrico, la trustizzazionc , ossia la concentrazione finanziaria, non si fece atten­dete. Infatti, le piccole aziende di produzione e di distribuzione dell'energia motrice scomparvero, mentre le principali imprese si fusero tra loro. Fondamentale fu il ruolo svolto dalle industrie elettriche nella sostituzione delle importazioni: in parti­colare, l'Autore evidenzia le attività svolte dalla Società Emiliana Eserciti Elettrici dal 1927 alla vigilia degli anni Quaranta. Dall'indagine del 1937-40, inoltre, egli rileva l'aumento degli esercizi, degli addetti e della fòrza motrice impiegati nella meccani­ca. Si affermarono, infatti, accanto alle Officine Reggiane, molte delle aziende sorte nel primo dopoguerra, come la Slanci, la / jombardini e la Greco, cui si affiancarono