Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Araldica. Secolo XIX
anno
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1997
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pagina
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411
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Libri e periodici
colonialismo e da uno spirito sempre più smaccatamente nazionalistico, poi, dopo lo scoppio del primo conflitto mondiale, da un aperto sostegno alle tesi annessionistiche più audaci e intransigenti, volte a fare dell'Italia, con l'annessione dell'Istria, della Dalmazia e finanche dell'Albania (oltreché del Trentino, dell'Alto Adige e della Venezia Giulia), la dominatrice incontrastata dell'Adriatico e, in tempi più lunghi, grazie anche al possesso della Libia, la potenza egemone nel Mediterraneo. Di pari passo maturò nella classe dirigente della Dante Alighieri un radicale cambiamento nel modo di concepire il principio di nazionalità, non inteso più come libera scelta di aggregazione di popoli aventi una storia, una lingua e una cultura comuni, ma come diritto delle nazioni più civili di sottometterne altre con il proposito di civilizzarle . Appunto da ciò trassero origine e alimento gli ambiziosi sogni di grandezza nazionale cullati dalla Società, la sua incondizionata adesione all'impresa libica e l'appassionato sostegno dato alle istanze dell'interventismo annessionistico.
Stando cosi le cose, fu, in un certo senso, inevitabile che negli anni del primo dopoguerra il patriottismo espansionistico propugnato dalla Dante Alighieri finisse con il fare da stanco contrappunto al velleitario nazionalismo imperialistico del fascismo. L'effetto più significativo di tutto ciò tu che mutò pure la politica della Società verso gli emigrati, visti non più come bruta forza-lavoro analfabeta e disorganizzata e che per questo aveva bisogno di essere difesa contro i tentativi di snazionalizzazione e di integrazione compiuti dagli stati ospitanti, bensì come cittadini che dovevano essere orgogliosi della forza demografica del proprio paese e che, in più, erano investiti di un'alta missione civilizzatrice ereditata dall'antica civiltà di Roma. L'avvento del fascismo al potere segnò, del resto, anche il progressivo ridimensionamento dell'autonomia non solo ideologica, ma persino organizzativa e decisionale della Dante Alighieri, la cui attività estema rischiava altrimenti di sminuire l'importanza dei fasci italiani all'estero, se non addirittura di intralciarne l'azione.
Lucio D'ANGELO
LUIGI GRATTON, Armando Diaz nell'ultimo anno della Grande Guerra, Testimonianza e giudizi, si, Rivista Militare, 1994, in 8, pp. 153. S.p.
Luigi Gratton, già titolare di Tattica e Geografia Militare presso la Scuola di Guerra, con questo lavoro non ha inteso redigere una biografia del maresciallo Diaz (1861-1928), ma più semplicemente - ha voluto offrire una raccolta di testimonianze e giudizi espressi in vari momenti e da autori diversi. Il libro è corredato da una significativa documentazione iconografica e da una bibliografia aggiornata. Il nipote del Maresciallo ha messo, inoltre, a disposizione dell'autore le Lettere dal fronte e i Taccuini di guerra finora inediti.
Il volume si presenta, quindi, come un repertorio cui potrà attingere chi è interessato ad approfondire le sue conoscenze attorno ad un personaggio per il quale non è stato ancora prodotto uno studio organico. Non che manchino, ovviamente, libri su Diaz, ma essi hanno visto la luce per la maggior parte - negli anni immediatamente successivi alla sua morte e nessun storico in tempi recenti, tranne A. Mangone che oc ha scritto una biografia nel 1987 e G. Rochat che nel 1991 ha curato la voce corrispondente per il Dizionario biografico degli Italiani, ha ritenuto necessario tornare a riflettere sul personaggio. Rende più complessa la ricerca il fatto che Diaz non ha lasciato diari o memorie, cosicché soltanto quattro interviste date ad Olindo Malagodi tra il novembre 1918 ed il marzo 1919, con il testo di