Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <541>
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11 Pianciani al fillio Luigi
Sotto certi aspetti il quarto e ultimo volume delle lettere di Vincenzo a Luigi, corredato di un indice dei nomi che facilita allo studioso la consultazione dell'intero, vasto carteggio, è forse il meno interessante dal punto di vista degli avvenimenti narrati, quasi una lunga pausa della vicissitudine storica di quegli anni di cui Vincenzo non immaginava nemmeno l'esito finale: l'unifi­cazione nazionale sotto Casa Savoia e, almeno in parte, il trionfo delle idee del figlio, protagonista nelle file dell'opposizione della vita politica italiana. Eppure, come ha sottolineato la stessa curatrice del carteggio, giustificando l'edizione integrale delle lettere di Vincenzo anche di questo ultimo periodo della sua vita, se poche di esse hanno valore in sé, la loro straordinaria importanza sta invece nel lungo periodo: frasi, cenni, singole parole che unite insieme ci danno la misura del declino di un uomo, ma soprattutto del declino di un mondo che fino a pochi anni prima era sembrato etemo.43)
In questo ultimo volume delle lettere di Vincenzo cogliamo ben poco di Luigi, di cui sappiamo delle velleità di intraprendere l'attività di commer­ciante di generi agricoli e di derivati animali in Marsiglia, Parigi e Londra, tappe del suo lungo esilio, ma di cui intuiamo appena le sue frequentazioni politiche che peraltro conosciamo da altre fonti e da alcune ricostruzioni storiche. Sorprende semmai il suo atteggiamento per così dire difensivo nei confronti del padre, che le lettere di questi lasciano intuire: Luigi, uomo fatto sulla soglia dei quarant'anni, sembra non avere risolto con un atto di assunzione di responsabilità poEtica il lungo e sofferto rapporto con il pa­dre, dal quale dipende ancora sotto il profilo economico.
Anche Vincenzo sembra non considerare l'età del figlio, e tenta di co­stringerlo nella sua visione ormai definitivamente chiusa a qualsiasi novità politica. Così nella lettera del 6 maggio 1851, Vincenzo si opponeva a un viaggio a Londra del figlio sia per motivi di economia domestica, sia, so­prattutto, per il timore di frequentazioni politiche pericolose:
L'idea di dare una corsa a Londra e fare un giro per la Scozia credo che sia fatale per l'economia, ed anche a ciò bisogna badare, giacché tu sai che ho molte spese, ma francamente parlandoti mi dispiacerebbe anche immensamente, anzi sa­rebbe per me cosa da trafiggermi il cuore se in qualche giornale si mettesse che tu hai veduto Mazzini o qualcun'altro dei capi rivoluzionar) europei, quindi se mai ti risolvesti di andare in Inghilterra ti scongiuro di non vedere alcuno di questi, e soltanto vivere come semplice viaggiatore; ciò è per me interessantissimo e spero me lo prometterai.44)
Ma forse la lettera di Vincenzo che rivela più di ogni altra questo irri­solto rapporto in termini di chiarificazione politica e ideale tra padre e figlio
> ivi, voi. rv, p. v.
W Ivi, p. 1725.