Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <542>
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Carlo M. Fiorentino
è quella del luglio 1852, scritta senza il timore della censura pontificia per­ché consegnata a Luigi direttamente dal fratello Carlo, che aveva intrapreso un viaggio a Londra. La riportiamo quasi integralmente, perché ci sembra esemplare, nella sua drammaticità, di questo sentimento di avversione del padre alle idee e agli atteggiamenti politici del figlio, e della incomprensione generazionale che contraddistingue il loro rapporto umano, seppure inten­samente ravvivato da Vincenzo45) da un inesausto slancio affettivo:
In questa occasione mio caro figlio ti parlerò con quella sincerità che il car­teggio epistolare della posta non permette, non per i miei sentimenti ma per i tuoi Tu mi dici nella ultima tua che la diversità di opinioni non cambiano le nostre affe­zioni; è vero sotto il punto di vista che io ti amo sempre moltissimo, ma non per questo io posso né devo nasconderti la mia intema posizione riguardante te e la tua condotta. Tu conosci che io sono attaccato al Governo pontificio dai vincoli di gratitudine, di abitudine, di educazione, di affetto, ed in modo particolare verso l'attuale Sommo Pontefice che era mio amico quando tu avevi tre anni; come vuoi che io possa vedere con occhio indifferente un mio figlio che dopo aver fatto qui ciò che non voleva, giacché tutto il tuo male è stato di essere andato alla guerra, e da questo principio sono venute tutte le conseguenze, seguiti anche oggi a persistere in una vita di inimicizia verso il nostro Governo, e tutto questo lo fai non per in­tima convinzione di principio, ma unicamente per orgoglio? Si mio caro, posso cre­dere che tu mi ami quando a questo sciocco orgoglio sacrifichi la mia pace, la mia salute e mi strascini al sepolcro qualche anno prima che forse ci sarei andato? li pregai di non vedere una persona a Londra,4 e tu pubblicamente te ne mostri ade­rente. Posso dopo ciò credere che tu hai più per me alcun affetto? Tu stesso giudi­calo, ma freddamente e con il tuo cuore per me di una volta.
I favori che ricevo dal Governo sono quelli che mi danno i mezzi onde po­terti mantenere a Londra, e tu non hai rimorsi di servirti di questi stessi mezzi on­de almeno mostrargli la tua ingratitudine ed inimicizia. Io non esigo ora da te che tu ti metti a fare il papalino, temi che si dica che sei un sacco rivoltato, e questa falsa vergogna non te lo permette; non avevi però questa vergogna in altri tempi, giacché esiste una tua lettera quando fosti fatto Tenente Colonnello, al Card. Lam-bruschini nella quale dicevi che avresti versata fino all'ultima stilla del tuo sangue per la Santa Sede. Ma io non esigo ora da te una pubblica dichiarazione, né privata, come tanti hanno fatto e vanno facendo, ma se hai ancora per me qualche affetto, abbandona ogni idea di politica e vivi tranquillo; se ciò non lo puoi fare a Londra, va in qualunque Paese purché ti stacchi da gente che sono riguardati come il fla­gello d'Europa da nove decimi degli abitanti. H nome di libertà non è che la civetta per prendere le lodole [sic se tu vuoi dire ciò che senti ne converrai che il Signore per castigare il mondo volesse per qualche momento trionfare il partito al quale appartieni non passerebbero sei mesi che tu stesso ne saresti una vittima sanguinosa.
4S) Si ha l'impressione dal tenore delle lettere di Vincenzo Pianciani al figlio, di un at­teggiamento freddo e alquanto opportunistico di quest'ultimo nei confronti del padre, do­vuto probabilmente alla scissione e alla tensione tra sentimento filiale e appartenenza politica.
**) Giuseppe Mazzini.