Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <543>
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V. Cianciarli al figlio Luigi
Tu che facevi il mio orgoglio e la mia compiacenza, ora sei la mia angustia e la mia desolazione [...] .47)
E la lettera di un disgraziatissimo Padre, come si firmerà Vincenzo d'ora in avanti, alternando un desolatissimo qualche volta accompagnato da un più paterno affezionatissimo, più rispondente alla sua vera natura. Ma è anche la lettera di un uomo ormai superato dal cammino della Storia, chiuso in se stesso, che non vuole neppure prendere in considerazioni le ragioni politiche del figlio, gli impegni di questi presi di fronte agli uomini e alla propria coscienza È soprattutto, la lettera di un uomo consapevole di vivere, insieme al suo tramonto, quello del suo mondo, dei valori politici in cui credeva. Quella sua affermazione di essere attaccato al Governo pontificio dai vincoli di gratitudine, di abitudine, di educazione, di affetto, ci ricorda un per­sonaggio nato dalla finzione letteraria ma non per questo inverosimile, il principe Fabrizio Salina del Gattopardo. Anche il protagonista del romanzo di Giuseppe Tornasi di Lampedusa, nei ricusare l'offerta del rappresentante del governo di Torino Chevalley di un seggio al Senato, si esprime quasi con le stesse parole di Vincenzo.48) Ma a differenza del principe Salina, il quale mostra comprensione e anche ammirazione per l'atteggiamento vitali-stico e spregiudicato del nipote Tancredi, Vincenzo Pianciani, uomo in carne e ossa, tutto chiuso nel suo cupo pessimismo storico appena temperato da un'ancestrale convinzione salvifica della religione nelle vicende umane,49) si abbandona a un risentimento che non lascia scampo se non alla illusione di una almeno tardiva resipiscenza politica del figlio, che suona quasi come una maledizione:
Ben presto io cesserò di vivere scrive Vincenzo a Luigi ancora il 14 giu­gno 1854 , e prego il Signore che ciò accadda; quando ciò sarà avvenuto forse te ne rattristerai e la mia morte ti farà cambiare pensiero, infine [patirai] crudeli tor­menti, benedirai il Signore e lo ringrazierai di [vero cuore] per la grazia concessa della tua vera conversione, e questa speranza mi placa un poco lo spirito, giacché
47> Vincenzo Pianciani al figlio Luigj cit., voi. IV, pp. 1835-1836.
**) Sono un rappresentante della vecchia classe, aveva affermato il principe di Salina, inevitabilmente compromesso col regime borbonico, e ad esso legato dai vincoli della de­cenza in mancanza di quelli dell'affetto (GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA, Opere. Introdu­zione e premesse di G. Lanza Tornasi, Milano, 1995, p. 173).
W I popoli cercano la felicità nelle astrazioni che gli ambiziosi ed avidi gli danno ad intendere, scriveva Vincenzo al figlio il 6 febbraio 1851, ma veduto in fatto che non tro­vano che miserie, tornano dai loro errori e ritornano al Vangelo di Gesù Cristo che è Tunica vera ancora di salute, tanto in questa vita quanto nell'altra (l'incendo Pianciani al figlio Luigi cit, voi IV, p. 1705).