Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storiografia. Secolo XIX
anno <1997>   pagina <546>
immagine non disponibile

546 Libri e periodici
cineris / Nec cinis lui / Sii immemor / Hoc memoria/e / Posteritati dat / Anno Rtpa-ratae Salutis millesimo septingentesimo nonagesìmo secundo.
Or che dovrebbero fare i miei riconoscenti compatrioti? Non altro ch'ergergli una statua.
Per aver liberato i suoi compatrioti, annoterà malinconicamente, dal ferale ed insopportabile puzzo cadaverico della Collegiata, una pioggia di insulti e di minacce si abbatté sul malcapitato prevosto, inconsapevole precursore del napoleonico de­creto di Saint-Cloud, sfuggito per miracolo alla fanatica violenza dei suoi paesani. Agevolmente supponibile il coinvolgimento nelT'affaire del Manicone aduso, per forma e costituzione mentale, a non indietreggiare davanti a qualsiasi umano osta­colo determinato da superstiziosa ignoranza o da un malinteso senso della tradizione minacciata da norme igienico-sanitarie allora inconcepibili.
E di continui profondi contrasti fu costellata larga parte della sua esistenza sia fuori che dentro i chiostri per le sue idee anticonformiste e sia per aver sostenuto in un opuscolo stampato a Napoli nel 1795 che per il bene del francescanesimo i frati fossero pochi e che fossero tutti probi, onesti e di vita esemplare liberi di pen­sare e di ragionare [...] distinti nel mondo dell'arte e della scienza nella quale non hanno diritto di cittadinanza i padri buzoni, scellerati schiodacristi, chiesolastri e graffiasanti .
Giudizi che scatenarono la reazione di un suo anonimo ex allievo che non esiterà in un pamphlet dal titolo II buon senso al molto reverendo padre Michelangelo da Vico, vero cimelio bibliografico, edito senza luogo di stampa né data (ma 1795), a muovergli severe accuse di falsità, ambizione, smodato protagonismo e odio contro i confratelli; accuse che si stempereranno, verso la conclusione della polemica, nella colorita rozzezza di questo consiglio: Giacché dunque non è da sperarsi in voi, maestro, il letterato e il filosofo, datevi all'agricoltura e alle arti compagne che voi tanto ai vostri frati insinuate. Incominciate da questo punto a lavorare o di qualche aratro o di qualche sarchiello; e se non avete boschi da convertire in giardini, montagne da tramutare in oliveti ed in vigna, deserti da ridurre in agiate popolazioni, coltivate almeno il giardino del vostro convento e rendetevi utile al vostro serafico ordine col far non già il filosofo ma l'ortolano; col seminar legumi, col piantar al­bori e col portar in cucina verdi e fronzuti cavoli.
Polemica nata in una temperie di forti tensioni morali che, senza dubbio, in­cresperà la serenità dell'uomo di chiesa ma non la coscienza dello scienziato sempre vigile nella denunzia di un altro flagello che lo coinvolgerà, con violenza deva­statrice, nei moti sanfedistici di San Severo.
Bene ha fatto, in merito, il Biscotti a pubblicare, in appendice al saggio, una illuminante lettera del Manicone inviata dal convento S. Francesco di Ischitella, il 16 marzo 1810, ad Augusto Turgis, intendente di Capitanata, nella quale così, tra l'altro, scriveva: Rispondo alla S.V. brevemente e mi dò l'onore dirle che proseguirò e forse se ricupererò la salute, compirò i miei travagli statistici riguardanti questa Provincia. L'ex Ministro dell'Interno sig. Arcivescovo di Taranto mi destinò per membro corrispondente della Commessione Statistica di Napoli ed è dover mio di mandare di quando in quando al Ministero dell'Interno i miei lavori i quali passano subito al Burò Statistico. Io chiesi a S.E. sig. Zurlo, Ministro dell'Interno, un inco­raggiamento onde poter proseguire un'altra opera mia riguardante la Daunia. Si sa che terminata detta opera deve il Governo incaricarsi della stampa. Io sono un po­vero frate e non ho danaro né meno per comprarmi un caffè. JTutto perdei nel ter­ribile '99. Dunque prego VE. di farmi dare per ora qualche cosa. Non bramo ric­chezze; bramo solo quanto mi basta pei miei pochi bisogni e per lavorare sopra opere utili alla Daunia e allo Stato.