Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Marche. Storia militare. Secolo XIX
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1998
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75
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Libri e perioditi 75
del quinquennio 1872-1876. Il prelievo, di 471 milioni nel 1861 sarà di 1.123 nel 1876.
Il punto nodale della discussione è appunto questo: ammessa la situazione di emergenza in cui nacque e visse per almeno un decennio lo Stato italiano (e la storiografia più recente tende sempre meno faticosamente ad ammetterlo), si poteva svolgere una politica economica, e quindi fiscale, diversa, e cioè più equa ed immediata, conseguendo i medesimi risultati in termini di aumento delle entrate tributarie e di contenimento della spesa? I limiti e la miopia della Destra storica vanno commisurati al contesto di emergenza che Marongiu sapientemente descrive, e interrogandosi su ciò non si può che ammettere che la Destra storica non poteva che essere necessariamente limitata e miope all'interno del quadro di riferimento obbligato in cui si muoveva. Ciò detto, va ammesso che la politica fiscale fu talmente ben impostata nelle sue reali fondamenta, da restare pressoché invariata per quasi un secolo.
Un cenno particolare merita il capitolo dedicato alla finanza locale: non v'è dùbbio che in questo caso lo Stato gradualmente avocasse a sé le maggiori fonti di entrata, lasciando a Comuni e Province una autonomia impositiva sempre più limitata. La politica tributaria statale è certamente magna pars nei crescenti deficit della finanza locale, ma va detto che tale accentramento era giustificato da due ragioni principali: la formazione di una coscienza nazionale anche nel settore impositivo e il superamento di un antico e radicato malcostume che vedeva in molte sedi locali l'amministrazione come bene di stampo feudale manovrato a proprio esclusivo favore dalle élHes dominanti Al capitolo dedicato alla finanza locale l'A. dedica esplicitamente solo uno sguardo, ma crediamo necessario che ad un tale tema si addica in futuro un esame approfondito.
Veniamo ora al secondo volume, dedicato alla politica fiscale della Sinistra storica, dal 1876 al 1896. Dei tredici capitoli del volume, il primo è di raccordo con fl precedente, sette sono dedicati all'età di Depretis, tre all'età crispina, mentre gji ultimi due contengono il giudizio complessivo sull'intero periodo. Come si vede, il volume è impostato diversamente rispetto al precedente, orientato com'è più cronologicamente, che diversificato a seconda dei differenti filoni impositivi. Non poteva essere diversamente: la Destra storica aveva vissuto compatta l'età dell'emergenza; terminata l'emergenza, non era riuscita a riciclarsi in termini propositivi di medio-lungo periodo. Aveva portato il bilancio in pareggio, trasferito la Capitale a Roma, eliminando senza i temuti contraccolpi il potere temporale dei Papi, inserito il. Veneto nei confini nazionali: il Paese era consolidato, e nessuno, all'interno o oltrefrontiera, pensava oramai ad una sua disgregazione. Ricollegandoci ad un luogo comune britannico, potremmo dire che la Destra storica aveva creato ricchezza (non solo economica), ma non era in grado di distribuirla. Toccava alla Sinistra storica adempiere a questa funzione, progettando le linee di sviluppo del Paese. In questo quadro le decisioni fondamentali erano eminentemente politiche, e si sarebbero successivamente ripercosse nei vari settori di gestione della cosa pubblica. Seguire gli orientamenti politici di Governo e Parlamento impone un esame cronologico.
Marongiu divide sostanzialmente la sua trattazione in tre principali periodi: il primo concerne il periodo 1876-1879; il secondo arriva dal 1880 alla morte di Depretis; il terzo corrisponde all'età di Crispi.