Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Roma. Iconografia. Secolo XIX
anno
<
1998
>
pagina
<
517
>
LIBRI E PERIODICI
NAPOLEONE BONAPARTE, ha campagna d'Italia, 1796-1797, a cura di LAURO ROSSI; Manziana, Vecchiarelli editore, 1997, in 8, pp. 115. S.p.
In questo essenziale volumetto, sono raccolte alcune lettere inviate da Napoleone Bonaparte al Direttorio insieme a proclami e discorsi, scritti dal grande Corso durante la campagna d'Italia.
Napoleone, nei ponderati scritti proposti dal curatore Lauro Rossi nella finissima traduzione di Ferdinando Ranalli, appare forse ancor più che nella veste del geniale e spregiudicato generale, in quella politica. Abilissimo a pubblicizzare la sua immagine, rivela una profonda conoscenza dei meccanismi della costruzione del consenso, sicuramente appresa durante la lunga vicenda della Rivoluzione. Ad esempio, i quadri di H. Gross che hanno fissato nell'immaginario popolare la figura dell'invincibile guerriero, trovano singolare riscontro nella lettera che il giovane generale indirizzò al Direttorio all'indomani della battaglia di Arcole: Era forza passare il ponte [...]. Allora io stesso mi posi innanzi domandando ai soldati se essi erano ancora i vincitori di Lodi. Rinfiammati dalla mia presenza [...]. In questa lettera l'autoesal-tazione del proprio genio tattico e del proprio carisma sono ancor più messi in rilievo dalla descrizione delle difficoltà superate; non manca l'elogio ai fedeli militari.
L'esercito repubblicano è quasi sempre posto in grande rilievo dal Bonaparte. L'esercito, che copre di gloria la nazione rimpinguando nel contempo le asfittiche casse francesi con i tesori sottratti alla ricca Italia, si fa custode della libertà rivoluzionaria. In tal senso, il discorso pronunciato da le petit caporal al Direttorio pochi giorni dopo la pace di Campo formio è indicativo: perché il popolo francese fosse libero bisognava far guerra ai Re.
Le allocuzioni alle armate costituiscono quasi un genere. Con molta abilità il giovane generale sapeva suscitare l'orgoglio repubblicano dei combattenti che appaiono nello stile asciutto quanto incisivo, eroi classici Le ardenti parole sembrano capaci di provocare in ogni uomo profonde sensazioni.
Pur depredando il Paese, Napoleone non mancò di proporsi quale protettore delle scienze e degli scienziati già all'indomani dell'entrata in Milano. Ma ciò dev'essere considerata come una prova delle buone capacità politiche del Corso che era ben cosciente di dover in qualche modo rispondere alle aspettative di quella parte di italiani sfortunatamente destinati a subire una profonda delusione.
Nella prefazione, con oculatezza, citando F. Furet, Lauro Rossi scrive che l'ambizioso generale aveva ben compreso che la nobiltà era ormai giunta al tramonto e che si allacciavano alla ribalta della storia le grandi masse, ossia l'opinione pubblica. La propaganda era ormai divenuta strumento formidabile per la conquista e l'esercizio del potere. Gli scritti, aggiungiamo, ispirano al lettore la considerazione che l'autore sia stato un uomo di un'epoca assai vicina alla nostra. Un uomo moderno, inquieto, dall'agirc febbrile, teso alla conquista di sempre nuovi successi, con grandi