Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Roma. Iconografia. Secolo XIX
anno
<
1998
>
pagina
<
528
>
528 Libri e periodici
carattere territoriale, le esigenze di coordinamento delle comunità israelitiche, inserite in uno Stato liberale che sembrava mantenere una diffidenza normativa verso le collettività particolari e intermedie, cominciarono a tradursi in realtà nel primo decennio del Novecento in seguito al congresso a Milano nel 1909 e, soprattutto, nel 1920 con la creazione di un organismo unitario di vertice dell'ebraismo italiano. Tra i molteplici ulteriori interventi sui più vari aspetti della presenza ebraica in Italia presentati nel volume (si va dalla letteratura alla demografia, dalla stampa alle relazioni internazionali), accanto agli studi sulla I Guerra mondiale (M. Toscano) e sul periodo fascista, merita di essere ricordato l'esame delle fonti dell'Archivio Centrale dello Stato relativa alla presenza dell'ebraismo nella storia dell'Italia unita (G. Tosarti): esso fornisce, infatti, appropriate osservazioni metodologiche intomo all'oggetto della ricerca, utili ipotesi di periodizzazione e interessanti conferme di interpretazioni dibattute come nel caso della defeliciana distinzione di due fasi (1938-1941 e 1941-1943) circa l'applicazione dei provvedimenti antisemitici del Regime fascista.
ANDREA CIAMPAMI
Antonio Sa/andrà, a cura di TOMMASO NARDELLA (Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Comitato provinciale di Foggia - Atti del 2 Convegno di studi sul Risorgimento in Capitanata), Manduria-Bari-Roma, Lacaita, 1996, in 8, pp. 173. S.p.
Alla figura di Antonio Salandra non è stata finora dedicata dagli storici tutta l'attenzione che l'opera dello statista pugliese senza dubbio merita: una delle cause di ciò è da ascrivere a Giolitti, il quale ha finito per occupare immeritatamente l'intero spazio all'interno del panorama politico italiano prefascista. Opportuno appare quindi ritornare ad occuparsi dell'attività del Salandra cercando di coglierne le specificità nell'ambito del variegato mondo del liberalismo italiano: a tale compito hanno atteso i relatori del convegno svoltosi nell'ottobre del 1995 a Troia e a Lucerà e di cui sono stati pubblicati gli Atti.
Sia Romano Ugolini nella Introduzione (pp. 23-29) sia Carlo Ghisalberti nelle Conclusioni (pp. 165-171) sottolineano opportunamente come la politica estera perseguita dal governo guidato da Salandra fra la fine del 1914 e la prima metà del 1915, vale a dire nel periodo della neutralità, si distaccasse profondamente soprattutto per merito di Sonnino dalla condotta alquanto incerta di Giolitti, la quale in un quadro intemazionale in rapido mutamento avrebbe finito certamente per indebolire gli interessi dell'Italia nello scenario europeo: la posizione di isolamento dell'Italia derivante inevitabilmente dalle posizioni gioii (liane era in sostanza impraticabile, oltre che dannosa, nel complesso degli equilibri internazionali di quegli anni. Ad altri aspetti dell'attività governativa di Salandra ed agli strumenti normativi da lui adoperati dedica la propria attenzione Ester Capuzzo nel saggio I pieni poteri e la legislazione di guerra (pp. 129-151), mentre sui rapporti fra Giolitti e Salandra si sofferma fra l'altro Aldo Mola nel suo contributo intitolato La costanza di un liberale: Antonio Salandra dalla presidenze/ del governo alla morte (pp. 153-164).
Maria Marcella Rizzo, nel saggio dal titolo A* Salandra. La formazione culturale e l'impegno politico (pp. 31-55), mette in evidenza il ruolo che nella formazione giovanile di Salandra ebbero Francesco De Sanctis e Silvio Spaventa: alla luce di questo inse-