Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Roma. Iconografia. Secolo XIX
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1998
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gnamento possiamo comprendere perché Salandra nel 1878 sostenesse che lo stato in mezzo a una società disgregata e bisognosa di aiuto riman[esse] il più efficace agente della civiltà in tutte le sue forme, e nel 1914 auspicasse per l'Italia una politica nazionale e non di classe, che sapesse far leva sul patriottismo più che sugli interessi di alcune categorie economiche. Forte fu la preoccupazione avvertita dal deputato di Lucerà di dare una adeguata rappresentanza politica alle istanze conservatrici presenti nella società italiana ed in particolare in quel mondo agricolo, nel quale i valori della tradizione erano ancora fortemente radicati. In tale quadro si inserisce la richiesta da lui avanzata nel 1888 in sede di dibattito parlamentare sul voto amministrativo e tuttavia respinta a larga maggioranza dalla Camera di ottenere il suffragio universale maschile, con il sottinteso fine di rafforzare le posizioni conservatrici all'interno del panorama politico italiano. Per quanto riguardava la soluzione dei problemi dell'agricoltura meridionale, articolata e complessa era la proposta di Salandra: non bastavano più la libera concorrenza degli operatori economici e l'accumulazione spontanea dei capitali privati, bensì erano necessari un nuovo indirizzo nella politica doganale con l'aumento, proposto nel 1887, del dazio di importazione del grano a 3 lire per quintale, in modo da offrire una protezione migliore all'industria agraria , una formazione professionale adeguata degli operatori in agricoltura, la riforma del credito agrario, la diffusione nelle regioni meridionali di strutture associative che fossero in grado di tutelare gli interessi economici degli imprenditori agricoli, l'incremento dei trasporti che potessero favorire l'esportazione dei prodotti meridionali nei mercati europei. Salandra in sostanza si mostrava molto sensibile a quelli che erano gli interessi della borghesia dei proprietari fondiari meridionali, che avevano in Emesto Fortunato e in Giuseppe PavoncelH i loro rappresentanti più significativi. Netta era la contrapposizione salandrina alle scelte giolittiane, che privilegiavano invece l'industria settentrionale: a sua volta il deputato di Lucerà non era per nulla contrario ai processi di industrializzazione, perché come ebbe a dire nel 1899 non era ipotizzabile una nazione prospera che non fondasse la propria ricchezza sull'industria, a patto però che fossero giustamente contemperati gli interessi di tutti i ceti produttivi e non si privilegiasse l'industria a detrimento degli altri settori dell'economia italiana.
Appuntando la propria attenzione sul ruolo dello Stato nella riflessione di Salandra, Gianfranco Liberati nel saggio dal titolo Antonio Salandra e il riordinamento della finanza comunale (pp. 57-97) sottolinea come per Salandra il sistema delle autonomie locali, se realizzato nella realtà italiana postunitaria, avrebbe rischiato inevitabilmente di trasformarsi in una forma di oppressione delle libertà dell'individuo, libertà che sarebbero state sottoposte alla pressione congiunta dei tributi locali e degli arbitri delle fazioni politiche, le quali non potevano non esprimere in quegli anni amministratori locali di qualità mediocre. Le libertà individuali invece venivano garantite proprio dall'organismo statale, il quale non solo era stato lo strumento adoperato da una ristretta élite per condurre la società italiana ad un livello più elevato di sviluppo economico e civile, ma attraverso i controlli sulla finanza locale esercitati da organismi non elettivi quali erano i consigli di prefettura riusciva a preservare nei limiti del possibile quello che Salandra riteneva un esempio tipico dei diritti individuali, vale a dire il diritto di proprietà. Tali preoccupazioni per la salvaguardia dei valori dell'individuo erano destinate a cadere secondo Salandra solo quando tra la società civile e lo stato fosse stato abbattuto quello iatus che le separava e si fosse giunti ad una loro stretta compenetrazione: vi è da dire, a tale riguardo, che l'esperienza inglese del self-government costituiva per tutta la classe politica liberale