Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Roma. Iconografia. Secolo XIX
anno
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1998
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pagina
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531
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Libri e perioditi 531
cipesca del Titolo riaffiora dall'analisi delle variegate posizioni, assunte in periodi diversi, dall'episcopato locale. Infatti la stagione del cattolicesimo liberale d'impronta rosminiana, che a lungo aveva operato in sintonia con il mondo liberale nella rivendicazione dell'autonomia per il Trentino, si chiudeva con la svolta antiliberale del nuovo episcopato di Carlo Eugenio Valussi nel 1886, per la contrarietà di questi alla laicizzazione della scuola, attuata dal ministero Auersperg nel 1868, e per l'avversione, riguardo alla questione sociale, ai principi del laissefaire. All'ideologia ed alla logica del solo profitto, il presule contrapponeva un mirato interventismo dello Stato, secondo i postulati della scuola cristiano sociale di Vienna. Si trattava di posizioni assunte in armonia con la politica sociale delle coalizioni conservatrici e cattoliche dei governi presieduti da Taaffe negli anni Ottanta, ai quali si doveva, tra l'altro, l'introduzione, nel 1888, dell'assicurazione obbligatoria degli operai contro gli infortuni sul lavoro e, nel 1889, dell'assicurazione obbligatoria degli stessi contro le malattie. Le indicazioni della scuola cristiano sociale viennese e la legislazione industriale austriaca, quest'ultima in parte conseguente alle prime e ritenuta sufficientemente avanzata per i tempi d'allora, non facevano che anticipare il richiamo, espresso nella Rerum Novarum di Leone XIII, ai doveri dello Stato di tutelare i ceti più deboli, con riflessi nel Trentino regione a prevalente economia rurale soprattutto sulla promozione dell'attività cooperativa a beneficio della piccola proprietà contadina. Appena dopo il 1904, con la nomina nella diocesi trentina del vescovo Celestino Endrici, si profileranno in ambito locale nuovi indirizzi dell'episcopato, quali frutto d'una maggiore consapevolezza vuoi dei meccanismi dell'economia di mercato, vuoi della prassi istituzionale liberale maturata in Austria.
Allo svolgersi d'un sistema politico più autenticamente liberale in Austria, secondo i canoni del liberalismo europeo dell'epoca, è dedicato il saggio successivo, dal titolo Stato asburgico e rappresentanza politica, dove si analizzano in particolare l'evoluzione dei meccanismi elettorali per la composizione delle rappresentanze dei comuni, delle province, dell'impero, nell'arco di tempo intercorrente tra le riforme costituzionali del 1860-61 e il crollo della duplice monarchia. Soffermandosi specificamente sulle elezioni comunali e provinciali, l'A. mette a fuoco le implicazioni sociali e nazionali del sistema curiale asburgico della rappresentanza politica delle classi e degli interessi, grazie al quale sì trovava avvantaggiato il ceto economicamente e culturalmente dominante. Questo ceto, nel caso emblematico della provincia d'Istria, coincideva con la componente italiana e per lo più urbana della popolazione, laddove, all'opposto, le componenti croata e slovena, entrambe a prevalente insediamento rurale, rimanevano penalizzate dal diritto di voto su base censitaria. Con riguardo alle elezioni dietali in Cisleithania, la suddivisione iniziale degli aventi diritto al voto in quattro classi censitane o curie, che dir si voglia e il mantenimento di questo sistema sino alla dissoluzione dell'impero, sia pure corretto dall'aggiunta di una quinta classe eletta a suffragio universale sul modello della riforma Baderà (introdotta tardivamente nei singoli Kronlander e, nella maggior parte dei casi, come in Istria, dopo la radicale riforma Beck per il rinnovo del Reichsrat nel 1907), consentirono alla dirigenza liberale italiana di assicurarsi ininterrottamente la maggioranza nella Dieta istriana (ugualmente, sia pure di stretta misura, in quella goriziana, oltre che nel Consiglio municipale-Dieta di Trieste), con il risultato di frenare il processo di emancipazione politica e sociale, ma anche nazionale, del ceto rurale slavo.
Al tema delle autonomie amministrative del costituzionalismo asburgico si collega ancora più strettamente il saggio sulla figura e l'operato di Francesco Salata, deputato liberale nazionale nella Dieta istriana del 1908 e assessore agli affari comunali