Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Roma. Iconografia. Secolo XIX
anno <1998>   pagina <533>
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Labri e periodici 533
re a diffuse attese di partecipazione locale alla gestione della cosa pubblica, sarebbe stato strumeato di garantismo per le minoranze allogene per la tutela della loro indi­vidualità. In questo suo orientamento Salata mostrava di voler superare quelle forme dì chiusura espresse nei confronti dei diritti degli istroslavi negli anni d'anteguerra. Si trattava d'un orientamento suffragato dalle opzioni liberaldemocratiche dei vari go­verni Nitri, Giolitti e Bonorai succedutisi tra il 1919 e il 1922, che però conseguiva solo una parziale e temporanea affermazione: il regime di decentramento ammini-strativo mantenuto sperimentalmente nelle nuove province finirà travolto dalla crisi dello Stato liberale e dalla presa di potere del fascismo.
Nei quattro anni di sopravvivenza dello Stato liberale dopo la fine della guerra, la Venezia Giulia e la Venezia Tridentina (Trentino più Alto Adige) conobbero due regimi in ordine di tempo: un'amministrazione militare tra il novembre 1918 e il lu­glio 1919 e una gestione straordinaria affidata a dei commissari civili dal 20 luglio 1919 al 17 ottobre 1922. È sul primo periodo di governatorato militare nella Venezia Giulia che si sofferma il quarto saggio proposto da Ziller in questa raccolta, tratteg­giando situazioni e problemi locali visti nell'ottica di un osservatore attento ed intelli­gente, il tenente d'artiglieria Francesco Luigi Ferrari, aggregato all'Ufficio Informa­zioni presso il comando della Terza Armata a Trieste. Quest'ufficiale di comple­mento, modenese, di formazione cattolico democratica, di fede irredentista, mosso nel 1915 dagli ideali di un interventismo di matrice risorgimentale, redigeva dal di­cembre 1918 al marzo 1919 tre relazioni per il comando dell'Armata. Le tre relazioni rivelano la preparazione culturale dell'autore e la sua vicinanza alle idee di un Salve­mini e di un Bis solati nei riguardi della questione nazionale nelle nuove province, pur non restando egli del tutto immune da sollecitazioni nazionaliste (piuttosto radicate nell'alto comando della Terza Armata). Di fronte ai difficili rapporti interetnici nella Venezia Giulia, acuiti da un contrasto sociale che opponeva le comunità italiane ur­bane a quelle slave contadine, Ferrari riteneva che un'accorta politica economica dell'Italia liberale, volta a promuovere il benessere delle minoranze allogene, le avrebbe spinte a professare lealtà allo Stato e, di riflesso, ne poteva favorire l'assimi­lazione alla maggioranza. Di certo, queste indicazioni di Ferrari risentivano del suo condividere la certezza della superiorità della civiltà italiana e la prospettiva di ti­po nazionalista di una penetrazione culturale e politica dello Stato italiano tra gli slavi della regione (p. 90); si tratta di un condizionamento addebitabile all'atmosfera di montante nazionalismo che il tenente modenese si trovava a respirare a -Trieste. Rientravano pertanto in una logica d'impronta nazionalistica i provvedimenti che egli suggeriva di adottare per il breve e medio termine: oltre all'isolamento della borghe­sia e dell'intellettualità slava dalle masse popolari conseguibile tramite una politica economica democratica del governo di Roma, si doveva ricorrere all'immigrazione di manodopera regnicela nella Giulia, al sostegno delle comunità istrorumene dotandole di istituzioni culturali e scolastiche proprie, all'accentuazione del dissidio tra i croati cattolici e i serbi ortodossi per incrinare la compattezza del neocostituito Stato jugo­slavo, al richiamo del clero locale (prevalentemente slavo) ai suoi compiti puramente pastorali sottraendogli quel ruolo politico che aveva esercitato sotto l'Austria.
Per quanto riguarda i partiti italiani che animavano allora la scena triestina, Fer­rari riconosceva l'esaurimento della funzione politica dei liberali nazionali e, all'opposto, il ruolo attivo in campo cooperativistico e sindacale del partito socialista ancora sotto la guida di Valentino Pittoni , che però egli riteneva dovesse venire opportunamente ridimensionato da parte del Governatorato militare per sostenere, come contrappeso, la Democrazia Sociale Irredenta. Questa formazione politica, che