Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Roma. Iconografia. Secolo XIX
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1998
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536 Labri e periodici
tonomie amministrative comunali e provinciali modellate sulle competenze chetali dell'ex impero asburgico.
Infine, nel saggio intitolato Nel Regno dltalia: Venera Giulia e Trentino e la crisi della traditone autonomistica, Ziller ripercorre l'itinerario delle istituzioni poste in essere dagli ultimi governi liberali per l'amministrazione delle province redente e il loro adattamento graduale all'ordinamento nazionale, nel tentativo di conciliare l'organizzazione centralìsdca dello Stato italiano a quella decentrata e autonomista sperimentata da tali territori nel periodo austroungarico. Un compito, questo, che i vari ministeri Nitri, Giolitti e Bonomi demandarono, in sede romana, all'Ufficio Centrale per le Nuove Provincie diretto da Salata e coadiuvato da una Commissione consultiva centrale, e, in sede locale, ai Commissari generali civili per la Venezia Tridentina, la Venezia Giulia e Zara, affiancati da Commissioni consultive regionali- Si trattava di Commissioni create dopo le elezioni politiche del maggio 1921, pressoché contemporaneamente alle Giunte provinciali straordinarie di Trento, Gorizia, Parenzo e Zara, che si sostituivano ai deboli organismi consultivi di cui s'erano serviti i Governatorati militari e poi anche i Commissariati generali civili; al tempo stesso venivano istituiti dei Vicecocamissariati civili a Gorizia e Parenzo. Le Commissioni consultive regionali espressero pareri favorevoli al mantenimento nelle province nordorientali di forme di decentramento amministrativo e di quelle parti dell'ordinamento asburgico ritenute più avanzate rispetto all'ordinamento italiano, come il sistema scolastico, il sistema dei libri fondiari, la previdenza sociale, l'organizzazione dei consorzi industriali, gli istituti per il promovimento delle piccole industrie, gli istituti provinciali del credito fondiario, le casse provinciali di risparmio, il giudizio arbitrale di borsa e altre figure giuridiche. Ma se sull'opzione autonomistica si registrava larga convergenza in seno alle Commissioni consultive di Trento e di Zara, per la prevalenza in esse delle componenti democratiche (liberali, popolari e socialiste) con l'apporto delle rappresentanze delle minoranze etniche, non altrettanto ampio era il consenso manifestato dalla Commissione giuliana, per la presenza in essa di un agguerrito gruppo di nazionalisti e di fascisti. Anche se la Commissione consultiva centrale, dopo aver preso atto delle risposte degli organismi regionali senza entrare nel merito delle proposte, non riusci a presentare in tempo al governo e al parlamento un proprio progetto prima della caduta del secondo ministero Facta, di fatto questi organi consultivi avevano dato voce all'ultimo tentativo delle istituzioni liberaldemocratiche di offrire una soluzione non autoritaria all'omologazione delle nuove province all'ordinamento nazionale. Soppressi negli ultimi giorni di governo Facta l'Ufficio Centrale per le Nuove Provincie e i Commissariati generali civili e, sotto il nuovo ministero Mussolini, sciolte alla fine del 1922 le Commissioni consultive, si liberava la strada all'estensione della legge e del regolamento comunale e provinciale del regno ai territori annessi, segnando la sconfitta di progetti di decentramento amministrativo trasferibili dal laboratorio sperimentale trentino e giuliano a tutta la struttura dello Stato italiano.
ENNIO MÀSERATI