Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Seconda guerra mondiale
anno <1999>   pagina <4>
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Carlo Ghisalberti
soprattutto, per l'immagine positiva che ne aveva conservato sin da quando l'aveva conosciuto durante il primo conflitto mondiale, nei cinquanta mesi di mobilitazione.
Un'immagine allora piuttosto diffusa tra quanti avevano quei forti sen­timenti patriottici che l'abuso retorico fattone dal fascismo, la rottura del collegamento che il Risorgimento aveva creato tra libertà, eguaglianza e nazione ad opera di un potere fattosi, con la dittatura, autoritario e razzista in spregio alla tradizione nazionale, ed infine il richiamo drammatico alla realtà della seconda guerra mondiale ottunderanno o addirittura del tutto cancelleranno nella dissoluzione dell'8 settembre, lasciando quel vuoto negli animi che tuttora stenta a colmarsi e che Ernesto Galli della Loggia, utiliz­zando un'affermazione di Salvatore Satta, non esiterà a definire come la morte della patria.
Le forze armate erano allora fortemente apprezzate dalla coscienza collettiva che le considerava l'espressione della nazione, anche per la memo­ria, ancora assi viva, del loro agire nella Grande Guerra. L'esercito del­l'Isonzo e del Piave, del Carso e del Grappa, dell'Ortigara e di Vittorio Veneto aveva in quei frangenti bene meritato dalla patria che nell'insieme lo amava considerandolo una sua degna creatura. Per questo negli anni Trenta ed anzi, in certa misura, fino agli inizi degli anni Quaranta molti, forse i più, lo ritenevano, oggi possiamo dire con un infondato ottimismo, lo stru­mento appropriato per la difesa dei confini dell'Italia e dei suoi possedi­menti oltremare ed insieme il mezzo più idoneo per la tutela del suo ruolo, destinato a rivelarsi presto del tutto illusorio, di grande potenza.
Tra questi molti erano gli antichi combattenti del 1915-18, che, come mio padre, nutriti di un forte sentimento antitedesco di derivazione risorgi­mentale, poco apprezzavano l'alleanza con gli avversari di allora e la scelta di campo nelle file dell'Asse, così palesemente contrastante con la tradizione nazionale. Per costoro la decisione mussoliniana di entrare in guerra a fianco della Germania hitleriana fu un trauma assai duro; in particolare per mio padre, già offeso dalle leggi razziali del 1938 che avevano colpito mia madre, ebrea, cacciandola dall'insegnamento e facendo della nostra famiglia e di me, nato da un matrimonio misto, qualcosa di diverso ed in certa misura di estraneo alla collettività nazionale. Estraneità, però, che non impedì il richiamo alle armi di mio padre ed il suo totale impegno come ufficiale in servizio fino al 1945.3)
9 C. GHISALBERTI, Un diario inèdito delprimo periodo della seconda guerra mondiale (17 ot­tobre 1940-12 febbraio 1941), estr. dal voi. In memoria di Alberto M. Ghisalberti, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1987, pp. 103 sgg.