Rassegna storica del Risorgimento

Repubblica Romana
anno <1999>   pagina <74>
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Luciano Nasto
dalle indagini fatte si è rilevato esservi una corrispondenza con Bologna, cioè con i detenuti di quella città, ossia carbonari o altri malintenzionati.6)
Certamente l'accesa apprensione del Segretario di Stato e le confes­sioni, rese in camera caritatis, di uomini ormai prossimi alla morte fanno ritenere che la sommossa sia stata condotta con reali intenzioni politiche. Saranno però necessarie approfondite ricerche in futuro per stabilire me-glio le reali dimensioni e l'importanza di questa congiura a prima vista abbastanza vasta. La propaganda carbonara sembrerebbe essere stata attiva nei penitenziari in quegli anni. È ragionevolmente possibile ipotizzare un circuito capillare di sensibilizzazione alle nuove idee, nei luoghi di pena che facevano capo ai reclusori bolognesi. È degno di nota e di riflessione il fatto che questa clamorosa rivolta si sia verificata a Civitavecchia, luogo di detenzione di criminali comuni, autori di furti od omicidi, invece che in un carcere per detenuti politici. Un solo prigioniero tra i giustiziati, Lorenzo di Tullio, stava scontando una pena a causa di tumulto popolare, peraltro non meglio specificato, ma va tenuta nella debita considerazione la presenza tra i condannati a morte di un alto numero di elementi, 9 su 52, provenienti dall'Emilia Romagna. La lista dei rei sottoposti a processo sommario rivela l'assenza di romani, la presenza di quattro uomini provenienti dalle Marche e di tre originari del Regno di Napoli. Gli altri erano nativi di centri minori del Lazio. Tutti erano stati condannati a lunghe detenzioni o all'ergastolo, l'età è compresa tra i 22 e i 50 anni69)
Ovviamente occorre leggere le confessioni dei forzati cum grano sa/is, sia perché non scritte di loro pugno, sia perché in esse sono certamente mescolate le fantasie e i sogni di persone provate da una vita dura quanto violenta.
Il presidente del tribunale militare, colonnello Falzacappa, due giorni dopo la sentenza scrisse una lettera al Cattani, nella quale, dopo aver espresso meraviglia per la blanda e inefficiente sorveglianza dei detenuti, con precisione e puntiglio in poche righe descriveva il regime carcerario cui erano sottoposti i galeotti: I forzati han mangiato tutto l'anno pane cat­tivo... non è cosi praticato dalle altre potenze... una volta [al prigioniero vien dato da mangiare] riso, un'altra volta pasta ceci, carne... In altri luoghi al forzato non gli si permette di lavorare null'altro che calzette e berrette, ma viene impiegato nelle opere pubbliche del Principato.70) In queste frasi il Falzacappa mostra di sapere che in molte parti dell'Europa uno dei modelli era la città di Amburgo, le braccia dei condannati erano ben sfruttate. Nello
<>9 Ivi, Nota anonima s.d.
69) V. nota dei condannati in appendice.
Jpì. Lettera del Falzacappa al Cattani. Civitavecchia, 2 ottobre 1820.