Rassegna storica del Risorgimento
Repubblica Romana
anno
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1999
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pagina
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87
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Libri e periodici 87
opera una scelta dei tempi che presuppone una riflessione su se stesso, una divisione ìn rasi della propria vita e di quella del regno, che non a caso coincidono, una valorizzazione di sé solo come uomo pubblico, sì che il post-I 821 rappresenta la vera morte civile e la fine della storia. La minuzia dei particolari, soprattutto per alcune fasi, come durante la rivoluzione del 1799, seguita giorno per giorno, fa presupporre un diario quotidiano, abitudine di sempre, una sorta di Libro di famiglia, ripreso e riproposto per la compilazione delle Memorie. Di qui l'aggiunta di quei giudìzi pessimistici, quel sentenziare sulle costanti negative degli uomini in particolari situazioni, caratteristiche sia di nemici che di coloro che ne condividono l'impostazione politica, in fondo tipici dell'uomo che ha a lungo vissuto, molto visto, partecipato, fino a raggiungere un certo distacco dalla vita stessa, e, per motivi caratteriali, ad accentuare la natura opportunistica degli uomini rispetto all'ideale. Opportunismo d'altra parte che altri avrebbero potuto attribuire a lui, pronto a sostenere tutti i regimi che si susseguirono nell'arco cronologico esaminato, purché espressione di ordine e stabilità, e perciò estraneo alle mene carbonare, ma partecipe, per quanto avverso, all'ordinamento costituzionale del 1820, dal momento che combatté contro gli Austriaci, giunti nel Regno per annullare la Costituzione e l'opera della rivoluzione. In fondo Stassano è uomo del suo tempo, di un tempo in cui per molti la sopravvivenza passò attraverso l'adeguamento, non sempre opportunistico, ma spesso frutto del maturare degli eventi e del contesto politico complessivo europeo.
Gli approcci narrativi e interpretativi, che attengono alla psiche e alla storia, all'individuale e al collettivo, sono quindi molteplici e si incrociano.
3) I luoghi, angolo di visuale particolare dal quale valutare tuttavia la situazione complessiva del paese, sono rapportabili ad una ristretta zona della provincia di Salerno, concentrata sull'università, poi comune di Campagna, patria dell'autore, ove la fase storica esaminata fu caratterizzata da numerose agitazioni Quindi la provincia, a cui Napoli fa da sfondo non invadente, ignorato o poco accennato. Questa prospettiva provinciale non ha nulla di limitante se si tiene presente che nel 1814 sui 5.034.098 di abitanti del regno 300.000 erano concentrati a Napoli, ma 4.709.535 si distribuivano su un vasto territorio, nel quale le comunicazioni con la capitale non erano facili.
Campagna, distante 40 Km da Salerno, in zona prevalentemente montana, non era piccolo comune, dati i 6.000 abitanti, un ricco circondario con prevalente semi-natorio, seguito da oliveto e vigneto, forte concentrazione della proprietà, con una rendita imponibile per proprietario veramente altissima, oltre 100 ducati, come testimoniato dalle ricerche di Villani. Il comune quindi si distingueva con una produzione qualificata e per la pastorizia. Si aggiunga la collocazione idonea a facili scambi commerciali sia con Napoli che con Salerno, tramite una strada non molto molestata da briganti; sede di un seminario vescovile e di conventi che consentivano un certo livello di alfabetizzazione e istruzione. Anche per questi motivi essa divenne capoluogo di distretto nel 1811, cioè di quella partizione temtoriale-amministrativa che i Francesi introdussero per un più efficace controllo ed una migliore organizzazione del territorio. La dimensione geopolitica prediletta è quindi quella provinciale e comunale, valorizzata dal decentramento amministrativo del Decennio ma anche soffocata dallo Stato centralizzato, manifestatasi prepotentemente in funzione polemica