Rassegna storica del Risorgimento
Repubblica Romana
anno
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1999
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pagina
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88
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88 Libri e perioditi
verso la capitale nel 1820-21 quando dalle province partì la rivoluzione e questi temi centro-periferia furono dibattuti nel Parlamento del NonimestEfe
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Se è vero, come nota Marino, che Stassano sembra non cogliere nell'agile umano motivo sociali, ideali, politici e culturali, sono molte le sfumature che ci fanno percepire il cambiamento in quanto più o meno oscuri protagonisti assurgono ad un ruolo nuovo: le éRtes locali, i proprietari di Campagna, le famiglie eminenti della borghesia terriera e rivoluzionaria; i comuni, vittime del disordine, quando sono costretti a fornire viveri e alloggio alle truppe di passaggio; figure emergenti per la loro abilità e capacità organizzativa; coloro che rapidamente si arricchiscono e quelli che sanno sfruttare il loro nome; i gruppi sociali soggetti ad una grande possibilità di mobilità e di carriera, come i militari.
Ogni luogo sembra avere un suo eroe in negativo: la comitiva di Vuozzo in S. Andrea di Coriza, quella di Recine di Caposele, di Pasquale de Rosa di Sicignano, i briganti calabresi non sconfitti dal generale Massena, un brigantaggio che alligna dovunque, che ha aderenti anche nella capitale. H brigantaggio, studiato dalla Valente, da Barra, Mozzillo, Themelly, Scirocco, risorge ad ogni voce di ritomo dei Borboni, con una miriade di personaggi più o meno noti, molti dei quali diventano briganti per profittare del calo di controllo sull'ordine pubblico, con la prospettiva del bottino e del saccheggio, ma anche, come nota Themelly, perché sono vittime di una rase di passaggio in cui è venuto meno l'antico spirito comunitario, si sono create molte attese e speranze di cambiamenti non sempre soddisfatte, la mobilità ha seguito percorsi in salita ma anche in discesa, donde il rifiorire di una delinquenza diffusa e di sette.
Ne consegue che, se la fine dell'antico regime, nonostante alcune note nostalgiche dell'antica autonomia dei comuni, è considerata dall'A. positivamente come fase di ordine rispetto all'antica confusione dei poteri nella giustizia civile e criminale, in ogni ramo deU'amministrazione pubblica e della vita politica, le antiche prepotenze e soprusi della giustizia feudale non appaiono alla fine molto diversi dall'alcatorietà che caratterizza tutto il periodo esaminato, con una conflittualità tra comuni vicini che si esprime in saccheggi, rapine, resistenze di vario tipo. La sensazione per il lettore è quella della mancanza di confini che consentano di individuare subito amici e nemici, legittimismo e violenza, delinquenti o patrioti, in una fase in cui l'intreccio tra legittimismo e violenza è strettissimo (prefazione di Alatri, p. 5)
Accanto ad essi una delinquenza minuta, sotto forma di ladroneggio o corruzione, spesso per sopravvivere, che prospera soprattutto all'ombra del tipico reato delle zone di campagna, il furto, dei contadini ma anche dei gruppi emergenti (rapine, omicidi da parte di artigiani, possidenti, professionisti, funzionari, notabili, p. 730), che non manca di annidarsi tra le stesse legioni provinciali, riformate da Murat, per disciplinare un corpo paramilitare che vedeva arruolati molti delinquenti, sotto il comando dello stesso Stassano. Le nuove norme appaiono in tal modo una copertura agli abusi, in quanto incapaci di scalfire quel continuum che attiene agli atteggiamenti dei singoli e alla storia delle mentalità.