Rassegna storica del Risorgimento

Repubblica Romana. Francia
anno <1999>   pagina <309>
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ha Repubblica Romana e la Francia 309
e a Roma, mentre un primo collegamento ancora debole, ma reale, si sta­bilisce in Frauda, per allargarsi in seguito sempre di più ed assicurare, col voto contadino in favore dei radicali, negli anni '80, il trionfo definitivo della Repubblica. Lo si vedrà, come hanno mostrato i lavori di M. Agulhon con il fiorire dei circoli culturali nel 1848 e l'avvio di un processo di socia­lizzazione repubblicana sullo sfondo di un legame città-campagna ancora incerto ma promettente. A Roma invece, come hanno mostrato i lavori di S. La Salvia non vi fu niente di simile; le idee repubblicane rimasero appan­naggio di una cerchia limitata e isolata di intellettuali. Lo si vedrà anche, in modo più puntuale e preciso, durante le insurrezioni popolari nelle provin­ce, del dicembre 1851, contro il colpo di stato di Napoleone Bonaparte che riveleranno la capacità di iniziativa politica delle campagne.
In maniera più generale, questa situazione dell'alfabetizzazione spiega dunque, in parte, perché in Italia il problema dell'Unità e del movimento risorgimentale, e a Roma il problema dell'instaurazione della Repubblica, rimasero limitati ad un'elite politico-culturale ristretta e perché ogni tentativo di coinvolgimento popolare nell'impresa unitaria o repubblicana lo si vedrà bene con il fallimento, nel 1848, del tentativo di guerra di popolo contro l'Austria, o nel '49 nella difesa della Repubblica Romana che mobi­litò una parte delle masse urbane ma non quelle contadine , era votato al fallimento, obbligando queste stesse élites a proseguire il loro programma e la loro azione unicamente per vie politico-diplomatiche. Quello che il 1848 in Italia e il 1849 a Roma mettono drammaticamente in risalto è che l'Unità d'Italia e l'avvio di un regime democratico, mancando il braccio armato del farà da sé caro a Mazzini e a Carlo Alberto, possono essere costruiti solo attraverso un gioco diplomatico-militare con le potenze.
Vorrei a questo punto, soffermarmi un po' a lungo sul problema no­biliare e dei privilegi. Il programma politico della Restaurazione prevedeva dappertutto il ripristino dei regimi monarchici affiancati eventualmente da assemblee elette a suffragio ristretto e dominate dalle élites aristocratiche a cui veniva restituita una parte dei loro antichi privilegi; ma una parte sol­tanto e in realtà esigua. Nessuno, neanche il Papa, dopo la tempesta rivolu­zionaria, pensò mai di ristabilire il o i vecchi sistemi feudali; anzi, laddove non erano stati soppressi, fu la Restaurazione stessa a farlo, penso per esempio alla Sicilia. Sul piano sociale, in Francia come in Italia e a Roma, la Restaurazione fu una restaurazione della ricchezza e del controllo politico legato alla ricchezza, non una restaurazione dei privilegi. Certo, il ripristino, già avviato da Napoleone stesso, dei fedecommessi o dei privilèges de la Pakie , in Francia, dava una parvenza di ritorno dKAncien Regime, ma una