Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Francia. Storia politica. Secoli XVIII-XIX
anno
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2000
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pagina
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23
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P.F. Lachèze e i patrioti italiani 23
Gli accenni alla carriera brillante, alla gloria, ai pericoli dell'incarico che aveva rifiutato fanno pensare che potesse trattarsi di una missione militare. Ma piuttosto che speculare su tale questione conviene raccogliere la testimonianza della prima delusione alle prese con gli affari del consolato. Lachèze lamenta di dover trattare di quisquilie e di affari correnti, non può neppure interessarsi del grosso problema degli approvvigionamenti che era affidato ad altri. Così mi vedo per così dire egli scrive sepolto vivo a Genova, divenuto in qualche modo straniero ai grandi destini della Francia e ridotto a non poter più servire la mia patria in un'età nella quale tutto ciò che posso avere di coraggio e di energia è al massimo grado .
I tempi erano tuttavia tali che neppure un consolato, e un consolato in prima linea come quello di Genova, poteva considerarsi una posizione acquisita e una tranquilla sinecura. Con molta discrezione Lachèze avendo appreso il richiamo dell'incaricato d'affari Naillac, ormai sospetto agli occhi dei repubblicani, aveva posto la sua candidatura. Ma il posto era già stato destinato al giacobino Tilly, Il console non manifestò nessuna ostilità per la nomina, dichiarò anzi apprezzamento per il nuovo incaricato. Si attende di giorno in .giorno l'arrivo di Tilly egli scriveva il 2 aprile : La chose publique ne pourra que gagner à la présence d'un patriot aussi ferme et aussi eclairé .
Questa affermazione sta a significare che, nonostante le differenze e i contrasti già evidenti, i patrioti repubblicani tenevano a sembrare uniti. Ma in Lachèze dovette nascere qualche preoccupazione per i segni di radicaliz-zazione della lotta politica che provenivano da Parigi, e per l'atteggiamento di Tilly, che mostrò chiaramente e forse arrogantemente, come era nel suo carattere, di non gradire ingerenze nella sua azione politica e diplomatica. La situazione a Genova era anche complicata dalla presenza di una specie di inviato speciale, Eymar, noto esponente della Assemblea costituente, di origine nobiliare, di ispirazione roussoiana, appartenente allo stesso ambiente politico culturale di Lachèze.
Le comunicazioni con Parigi erano diventate difficili Lachèze lamentava il 6 aprile che non arrivavano né lettere né giornali dalla capitale. Sappiamo ora che le sue lettere dell'8 e del 9 aprile furono registrate al ministero degli esteri soltanto il 7 luglio. Non sorprende che il 2 maggio il console si sia recato a Nizza a conferire col generale Biron, di cui ignorava forse che era diventato sospetto ai giacobini e di cui comunque prende le difese. Nella lettera da Nizza del 2 maggio egli dice di sperare che il ministro non disapprovi il suo viaggio.
Ma il peggio doveva ancora venire. La caduta dei girondini, dopo le giornate del 31 maggio-2 giugno, travolgeva Lebrun e colpiva Lachèze e la moglie nelle loro amicizie e nei loro affetti più cari con la persecuzione e la