Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Francia. Storia politica. Secoli XVIII-XIX
anno <2000>   pagina <29>
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P.F. Lachèze e i patrioti italiani 29
Il 22 dicembre del 1794 Lachèze scriveva: Da Livorno comunicano che molti francesi rifugiati o emigrati sono partiti per rientrare in Francia a loro pericolo e riscliio confidando sullo spirito di saggezza di moderazione e di giustizia che guida attualmente il governo in Francia e che essi confon­dono con eele moderantisme". Gli altri emigrati che restano a Livorno e a Genova dicono abbastanza apertamente che si aspettano di essere ben presto richiamati [...]. Questi errori derivano in parte dalla mala fede della maggior parte degli uomini, dalla perfidia delle notizie che seminano i ministri e gli agenti dei coalizzati e anche dei rimpianti dei partigiani di Robespierre sparsi in abbastanza buon numero nei paesi d'Italia e che non volevano la rivoluzione che per fare del loro paese ciò che Robespierre avrebbe fatto della Francia. Per la contestualizzazione di questi giudizi conviene non dimenticare il passato di Lachèze e notare che egli si era nuovamente recato a Parigi in piena reazione termidoriana.
Nel 1795 l'interesse di Lachèze si sposta decisamente su Livorno. D. primo marzo in una lettera a Miot, divenuto il nuovo commissario agli esteri, ritorna sui temi che gli sono cari della conquista dell'Italia e sottopo­ne a Miot, al cui parere sembra affidarsi con fiducia ed amicizia, una sua memoria.5) Sa di parlare di affari di competenza di Villars, il nuovo rappre­sentante diplomatico francese a Genova che aveva preso il posto di Tilly, ma dice di averne discusso con lui e gli sembra che il diplomatico condivida le sue idee, soprattutto sulla opportunità di occupare Livorno.
Nel dicembre 1795 quando ormai i piani per la campagna dltalia erano stati preparati a Parigi, Cacault era stato invialo a Genova per dar man forte a Villars, considerato insufficiente e poi sostituito da Faipoult, ed era ormai prossimo l'arrivo di Saliceti una nuova memoria di Lachèze conferma che i rappresentanti diplomatici e consolari in Italia ritenevano ormai indispensabile e urgente l'intervento. L'alternativa è esposta dal console con chiarezza paradossale e un po' provocatoria: o si utilizza l'Armata d'Italia o la si sciolga.6)
Si vuole operare una potente diversione sul Reno, affrettare la pace con l'imperatore e dettarne le condizioni? Si vuole cacciare gli inglesi dal Mediterraneo e riconquistare la Corsica? Si vuol tare entrare nell'esaurito tesoro pubblico un certo numero di milioni di contribuzioni e vendicare il nome francese di tutte le piccole ingiurie che ha ricevuto durante la rivoluzione? Allora [...] entriamo nel Milanese e
S> AMAEP, Correspondanct consulaire cit, ff. 185-I88v.
*) Gli agenti civili della Francia rivoluzionaria in Italia, Serie II, voi. I, a cura M.F. LEONARDI (citeremo questo volume con l'abbreviazione: Leonardi), Roma, Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, 1996, pp. 152-158, 15 frimairc an 4, 6 dicembre 1795.