Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Francia. Storia politica. Secoli XVIII-XIX
anno
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2000
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pagina
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30
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30 Pasquale Villani
nella Lombardia e non diamo ai coalizzati il tempo di rifarsi della loro ultima sconfitta, di formare nuovi eserciti e di mettere le loro piazzeforti in stato di difesa. [...] Comunque, si dia il Milanese al Piemonte o lo si restituisca alla pace alla casa d'Austria per assicurarci il pacifico possesso delle nostre conquiste al di là del Reno, il piano di questa invasione è egualmente utile. Il finanziamento dell'impresa potrebbe ottenersi da un prestito che Genova, arricchitasi anche recentemente per Pécoulement de l'or de la France, non dovrebbe avere difficoltà a concedere.
Le conclusioni sono riassunte efficacemente dallo stesso autore: Riassumo il discorso che temo di aver già reso troppo lungo e dico che la campagna d'Italia è determinata dalla necessità di una pace rapida e di una pace che è necessario sia dettata da noi per non dover ben presto ricominciare la guerra; è determinata dal bisogno di fare una diversione sul Reno e conservare forse le nostre conquiste al di qua di quel fiume; lo è per il desiderio impaziente di liberare il Mediterraneo dal giogo degli inglesi e di ristabilire su questi mari la libertà del nostro commercio e della nostra bandiera; lo è per la necessità di far cessare le spese rovinose dell'armata d'Italia; infine, direi, per una considerazione sempre degna del popolo francese e del suo governo quando d'altronde non contrasti affatto con l'interesse nazionale, quella di produrre, tra i popoli asserviti e per così dire dispersi di questa bella Italia, una emozione adatta ad accelerare la loro liberazione da ogni giogo straniero, a rianimare il loro antico amore per la democrazia e a preparare in queste vaste e fertili province un fascio di repubbliche il cui effetto sarebbe di competere con la Francia nella emulazione per le arti, il genio e le scoperte .7)
La conclusione relativa ai popoli dispersi della bella Italia, l'intervento francese come sollecitazione alla liberazione, alla democrazia, alla costituzione di un fascio di repubbliche sembra riprendere le aspirazioni e il programma girondino che aveva certo il consenso dei patrioti italiani con i quali Lachèze era in contatto.
Ma dello scritto di Lachèze mi sembra soprattutto opportuno segnalare un altro punto: l'insistenza con cui si sostiene la necessità di occupare Livorno È come un ritornello ripetuto per ben quattro volte e svolto poi con varia argomentazione. Non si può non porre in relazione questa precoce convinzione con gli avvenimenti che proprio a Livorno alcuni mesi dopo coinvolsero il console di Genova in un tentativo di rovesciare il Granduca di Toscana e gli crearono qualche problema.
Intanto con l'attivo di Bonaparte gli avvenimenti avevano cominciato a correte rapidamente. I vecchi schemi e le posizioni ideologiche erano poste in crisi dalla rapidità dei mutamenti, dalla decisione e dalla capacità di convincete e quasi di sedurre del genetale in capo. Significativo per più aspetti è l'episodio di Cherasco. L'armistizio era stato concluso da Bona-parte il 28 aprile. Il 29 aprile, quando voci sull'accotdo correvano già, ma a
7> LEONARDI, op. àt.t p. 158.