Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Storia politica. Secolo XX
anno
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2000
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64 Gian Biagio Furiosi
pini, che si era dato ad elogiare D'Annunzio con una prosa ridicola e pretenziosa.15) Un D'Annunzio che egli accusava senza mezzi termini di pervertire le giovani generazioni, anche se il francese Barrès era peggiore di lui, non avendo neanche l'emozione dell'artista .16)
Ma il clamore interventista si levava sempre più alto, travolgendo le ultime resistenze neutraliste. E, in questo clamore, per irruenza si distinse proprio D'Annunzio, rientrato ai primi di maggio del 1915 in Italia per tenere la famosa orazione di Quarto, nella quale Sorel vide il punto più basso toccato dal poeta italiano. Il discorso di D'Annunzio commentò è una vergogna per la letteratura italiana; è del pessimo Péguy; è quasi nullo come del Papini. Le beatitudini con cui termina codesta predica sono di un'indecenza rara; lo sporcaccione osa fare l'elogio della castità!. Definì, quindi, disgustoso l'atteggiamento della stampa italiana, prosternata davanti a codesto ciarlatano.17)
Per la verità, c'è da dire che identico atteggiamento venne tenuto in quei giorni dalla stampa francese. Infatti, giornali di ogni tendenza (liberali, conservatori, nazionalisti, radicali, socialisti e sindacalisti rivoluzionari) fecero a gara nell'elogiare quel discorso e quello di pochi giorni dopo di Roma, definendo D'Annunzio, di volta in volta, il Prometeo aspettato , il Giorgione delle grandi speranze, il poeta nazionale d'Italia, l'erede di Dante, di Alfieri, di Leopardi, di Manzoni e di Carducci.18) Solo Romain Rolland lo criticò, paragonandolo a Marat, il fornitore della ghigliottina.19)
Vedere D'Annunzio trasformato in gran profeta dell'Italia, era per Sorel un sintomo di pura follia e, se non ci fosse stato tanto sangue
*5) G. SOREL, Lettere a Benedetto Croce cit, pp. 206-207. Sul periodico fiorentino si veda E. GENTILE, La Voce e l'età giotitfiana, Milano, 1972. Sull'interventismo di Salvemini, G. DE CARO, Gaetano Salvemini', Torino, 1970, pp. 246 sgg.
t6> G- SOREL, Lettere a Benedetto Croce cit., p. 214.
,7) Lettera a Mario Missiroli del 10 maggio 1915, in G. SOREL, Lettere a un amico d'Italia, Bologna, 1963, p. 168. Il discorso dannunziano lo si veda in G. D'ANNUNZIO, Per la più grande Italia, Roma, 1943, pp. 13-30. Sulle allusioni religiose del discorso si vedano M. TSNENGHI, // mito della grande guerra da Marinetlì a Malaparte, Bari, 1970, pp. 101 e 155 e J.A. THAYER, L'Italia e la grande guerra. Politica e cultura dal 1870 al 1915', Firenze, 1969, p. 457. Sul rientro in Italia di D'Annunzio, N. TRANFAGLIA, La prima guerra mondiale e il fascismo, Torino, 1995, pp. 55-57.
*Q Si veda M. OSTENC, Gabriele D'Annuncio e l'intervento italiano del 1915 nella stampa francese, in Nuova Antologia, Aprile-Giugno 1997, pp. 88-110. Per le contemporanee critiche francesi a Croce cfr. G. PAGLIANO UNGARI, Croce in Francia. Ricerche sulla fortuna dell'opera crociana, Napoli, 1967, pp. 34-37.
18> R. ROLLAND, journal des annies de guerre: 1914-1919, Paris, 1952, p. 36.