Rassegna storica del Risorgimento

VECCHI CANDIDO AUGUSTO
anno <1921>   pagina <620>
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Erfàctinno Loevimoti
gettai di andare a Lucca, di presentarsi a monsignore Arcivescovo, perchè la destinasse in mi convento ove avrebbe appreso le verità della nostra religione, onde conseguire il s. battesimo. Essa vi assentì, ed io partii per Livorno. Dopo tre dì ebbi nna sua lettera ohe mi avvisava, tornassi, ed io il feci giungendo a Firenze la notte del sabato passato. Domenica era nella mia camera nell'al­bergo della Fontana, quando verso le 7 della sera un uomo piuttosto pingue mi presenta una lettera diretta a Lione Mouillard, nome ohe io aveva preso ad imprestito per meglio celarmi. L'apro, ed era la Vittoria ohe mi scriveva da' Catecumeni di Firenze, ove l'avean condotta alcuni sacerdoti della chiesa di s. Remigio fin dalle 11 della mattina. In essa mi avvertiva della cosa, e mi consigliava a reoare all'arcivescovo di Firenze un'acclusami supplica il cui senso era, ohe vogliosa farsi cristiana, si era condotta ne' Catecumeni, ma es­sendo quel luogo poco atto alla sua condizione, avrebbe amato col suo bene­placito uscirne per recarsi quindi in un convento di monache, ove avrebbe appreso tutto quello che conveniva per abbracciare il cristianesimo. Li due fogli li tenni con me e corsi subito verso s. Giallo ove trovasi l'ospizio de' Cate­cumeni. Chiesi di entrare, mi fu impedito; di notte, non conoscendo quei luoghi, feci molta via senza venire a capo d'una strada e d'una piazza conosciuta che mi avrebbe indirizzato il cammino per recar la supplica a mons. arcivescovo. Tornai indietro per la medesima strada; sentii d'un tratto aprirsi hi porta de' Catecumeni, avvicinarsi una carrozza, introdurvi nna persona piangente e che gridava la lasciassero, poi altre persone entrarvi e andar via. Io corsi, ma non potetti raggiungerli. Seppi poi dal custode de' Catecumeni che il padre, i fra­telli e molti altri avevan ritratto la signorina di là suo malgrado, in presenza del commissario del luogo, forse pagato e per cui (sic) consenziente.
Corsero due giorni senza più nessuna novella di lei ohe amo tanto, e la mattina del martedì, sondo nella mia camera, fui visitato da due agenti di polizia, i quali rovistando tntt'i miei effetti, presero tutte le mie carte, e m'in­vitarono a seguirli nell'ufficio di polizia presso il commissario del quartiere s. Croce. Un cancelliere mi fece subire un lungo interrogatorio, in oui esposi la verità che io narro a Lei in questo loglio: mi fece chiudere quindi in un freddo salone e là senza mangiare tino olle 12 della sera. Fui ricondotto qnindi dal cancelliere, e questi mi notificò lo sfratto tra ventiquattro ore da Firenze, e tra tre di dallo Stato toscano come reo d'irregolare condotta e difetto di carte. Invano il dire, il protestarsi contro sì trista condanna, ohe io ben m'av­vedeva essermi pronunciata contro dai Della Ripa e dal loro oro, e combinata nelle mie lunghe ore di prigionia. Appena dopo molte suppliche potetti riacqui­stare delle sorprese mia carte l'ufficio ohe ora Le mando, e il testamento di
mia padre.
La lettera della Vittoria e la supplica per mons. mandatami da lei da' Catecumeni, un'altra ohe io aveva scritto" per dargliela a suo padre, in cui lo pregava di darmi la sua figliuola, non mi facesse morir disperato, ed alcuni versi scritti la notte innanzi, non mi ai vollero più dare, forse perchè la pò-