Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Inghileterra. Storia politica. Secolo XIX
anno <2000>   pagina <184>
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184 Gian Biagio Furiosi
Qualche mese dopo egli tornò a parlare dell'Inghilterra, ancora con un misto di ammirazione e di perplessità, non dubitando tuttavia che, prima o poi, la politica gradualistica di quel movimento operaio avrebbe condotto al socialismo.88) Del resto, identico giudizio veniva contemporaneamente espresso da Sorel nelT'Avvertire socialista dei sindacati, che VAvanguardia socialista di Arturo Labriola pubblicò a puntate nella primavera del 1903;89> giudizio che veniva ad avvalorare le simpatie che alcuni esponenti del nascente sindacalismo rivoluzionario ebbero inizialmente per il tradunioni­smo, tanto che nel 1905 Labriola, dichiarandosi non del tutto contrario alla lotta elettorale, propose la creazione di un apposito comitato che indirizzas­se i lavoratori, sul tipo del JLabour Wepresentation Committee delle Trade Unions.90)
Ma furono soprattutto alcuni dei massimi esponenti del sindacalismo riformista a guardare alle istituzioni operaie inglesi come ad un possibile modello di organizzazione della moderna democrazia industriale:91) da
* ID., ha leghiamone sociale in Inghilterra, ivi, 1 agosto 1902. Il Quffoletti ha osser­vato giustamente che gli intellettuali dell'Umanitaria, Schiavi in testa, nutrirono lo stesso progetto politico dei Fabiani. Esaltarono, come appunto fece Schiavi nella Critica sonale, le grandi conquista delle Trade Unions (assicurazioni, contratti collettivi, l'arbitrato unico, la legislazione sociale, ecc.), gli stessi metodi di lotta e persino la funzione di hobbing dei labor leaders, ma non riuscirono a sfuggire alla gabbia ideologica in cui rimase prigioniero il socialismo italiano, persino nella sua più matura e consapevole componente riformista, cioè quella turatiana (Z. ClUFFOLETTi, JV modello laburista nel socialismo italiano, in M. RIDOLFI (a cura di), Alessandro Scoiavi cit, p. 31). Da parte sua POnufrio ha scritto che la Critica sociale rifletté sul piano ideologico le perplessità e le incertezze del riformismo turatiano e del gruppo che a lui faceva capo, che non seppe mai essere né coerentemente marxista, né empiristicamente laburista (S. ONUFRIO, Socialismo e marxismo nella .Crìtica sociale 1892-1912, Palermo, 1980, p. 14). Sul rapporto tra PSI, azione parlamentare, cooperative, organizza­zioni economiche e attività amministrativa all'inizio del '900 si veda B. ViGEZZt, / riformisti e la democrazia del partito, in Città e regione, 1978, n. 6, pp. 12-24.
W) Gli operai inglesi, scriveva Sorel, potevano vantarsi di aver prodotto all'interno del proletariato disorganizzato una organizzazione del tutto nuova ed indipendente da ogni isti­tuzione borghese, e prevedeva che presto sarebbero scomparsi i residui aspetti corporati­vi (G. SOREL, Scritti politici e filosofici, a cura di G. Cavallari, Torino, 1975, pp. 205-206).
) A. LABRIOLA, Sjndicatisme et réformisme en Italie, in he Mouvement socialiste 1-15 settembre 1905. Vedi anche G.B. FURlozzi, Dal socialismo al fascismo. Studi sul sindacalismo rivoluzionario italiano, Napoli, 1988, p. 88.
9I> Sulla quale si vedano: G. SA PELLI, Gli .organizzatori della produzione y> tra struttura d'impresa e modelli culturali, in Storia d'Italia. 4, Intellettuali e potere, a cura di C. Vivanti, Torino, 1981, pp. 591-671; M. PEDRAZZOLI, La democrazia industriale nell'Italia d'inizio secolo, in Storia contemporanea, a. XTV (1984), pp. 265-286; D. MARUCCO, Fabianesimo, ghildismo e democrazia industriale, in AA.W., Il pensiero politico contemporaneo, a cura di G.M. Bravo e S. Rota Ghibaudi, Milano, 1986; G. BERTA, Un caso di industrialismo sindaca-