Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Storia amministrativa. Secolo XIX
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2000
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La riforma Baccelli 535
Gli argomenti più frequentemente addotti per dimostrare l'inopportunità dell'introduzione di siffatte modifiche non erano privi di fondamento. Vi era ad esempio più che un fondo di verità quando Gabba affermava che ad andarci di mezzo sarebbe stata la stessa qualità dell'insegnamento, dal momento che prorogare indefinitamente la scoraggiante miseria dei professori significava metterli in condizione di dover integrare le entrate attraverso l'attività professionale esterna all'università. Si sarebbero visti cioè professori universitari contemporaneamente medici, o avvocati, o deputati, e sarebbero venute a mancare loro le condizioni per dedicarsi con profitto all'attività scientifica. Già da tempo erano piovute critiche sui numerosi professori deputati in Parlamento, costretti ad abbandonare per lunghi periodi l'insegnamento per spostarsi nella capitale dove li chiamava l'attività politica, e su coloro che impiegavano la gran parte del loro tempo ad esercitare una professione, finendo così per lasciare all'insegnamento solo i ritagli di tempo.
In sostanza, come spiegava lo storico della letteratura nonché direttore della Scuola normale superiore di Pisa Alessandro D'Ancona in una breve lettera comparsa sul numero della Rassegna del 12 dicembre 1883, con quel progetto si toglieva ai professori ogni illusione di sortì migliori .79) Inoltre, se quanto affermava D'Ancona era certamente vero per tutti quelli che aspiravano ad un avanzamento di carriera, bisogna aggiungere poi che per tutti gli altri docenti sparpagliati nei piccoli atenei di provincia, l'autonomia universitaria avrebbe potuto condurre ben oltre, fino alla perdita del posto di lavoro. Per molti professori era dunque il cardine stesso del progetto di legge a rappresentare una spada di Damocle, perché la cristallizzazione dei finanziamenti pubblici e la diffusa consapevolezza circa le difficoltà finanziarie in cui versavano la gran parte delle istituzioni periferiche non lasciavano intravedere molte vie d'uscita.
Se gli elementi di precarietà che l'autonomia rischiava di introdurre nella vita dei professori giocarono un ruolo importante nel determinare la loro opposizione alla riforma,80) questa non si esauriva nella difesa di prerogative di carattere economico. La continua insistenza con cui i rappresentanti del mondo accademico esprimevano il desiderio di vedere lasciata un poco in pace questa povera istruzione faceva trasparire dai loro scritti una certa stanchezza verso la politica dei ritocchi parziali e più in generale una profonda sfiducia circa la possibilità di apportare utili modifiche al sistema
7<jj ìi plebiscito dei professori, in La Rassegna, 12 dicembre 1883.
W Gii stipendi dei professori minacciati dalia riforma universitaria t in // Corriere della Sera, 29-30 gennaio 1884.