Rassegna storica del Risorgimento

STATO ; MANIFESTO
anno <2000>   pagina <598>
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598 Ulm e periodici
L'inserirsi in tale nascita del Nicolai sullo sfondo, di Vincenzo Pianciani e spe­cialmente del Monchini nell'attuazione concreta, dà bene la misura del suo collega­mento formale col pauperismo e ben più sostanziale col privatismo accentrato che caratterizzava Firenze, ma a Roma con l'aggravante di un raggio d'azione puramente cittadino, del tutto tenacemente estraneo alla periferia dello Stato, anche quando essa cominciò ad arricchirsi, se non propriamente a pullulare, d'istituzioni consimili, e malgrado l'affollarsi tra i soci fondatori di autorevolissimi personaggi oriundi da quella periferia, dai marchigiani Bernetti e Brancadoro al romagnolo Troni, che ap­paiono tuttavia non meno romanizzati dei detentori dei grandi patrimoni nobiliari.
Ospitata sintomaticamente a palazzo Borghese e con una striminzita apertura settimanale dello sportello per l'esclusiva operazione dei depositi (la sede di Traste­vere, pur significativa per la localizzazione, sarebbe risultata poco più che nominale) la Cassa romana s'ispirava ad un antivincolismo intransigente che sembrava fatto ap­posta per favorire la concentrazione dei libretti al portatore in pochissime mani, se­condo quella che era del resto la prospettiva affermata e fatta valere in modo impli­cito da Agostino Feoli, che pur avrebbe dovuto rappresentare la componente im­prenditoriale e laica all'interno di un gruppo dirigente che esasperava al contrario la propria vocazione oligarchica, non a caso procurando ben presto di assicurarsi il controllo della vacillante Banca Romana,
A questo punto solo le incertezze politiche generali degli anni Quaranta pote­vano impedire, come impedirono in realtà, quel rapporto più stretto col Tesoro che appariva ormai nell'ordine naturale delle cose, sia pure salvaguardando largamente la gelosa autonomia della Cassa, non a caso protagonista ancora il Morichini nei suoi nuovi incarichi di governo, ma elettrizzata, quell'autonomia, ed indirizzata a fini squi­sitamente speculativi dalle vicende dell'appannaggio Beauharnais, che s'intrecciano con quelle quarantottesche e repubblicane, in prima linea la solita nobiltà nera, in questo caso i Rospigliosi, la protesta e la polemica di Alessandro Farricelli rimanen­do a loro volta, altrettanto di solito, isolate e perdenti.
Corso forzoso e svalutazione fino al rischio imminente della liquidazione erano del resto spade di Damocle che pendevano sul capo del monsignore abruzzese come su quello dei triumviri repubblicani, finché Filippo Antonelli con la sua Banca dello Stato Pontificio che sottentrava alla Romana si affiancava al fratello Giacomo segre­tario di Stato in una restaurazione finanziaria che rifletteva altrettanto pallidamente quella politica, e riusciva comunque a coinvolgere ed a far sopravvivere anche la Cassa.
Le ferrovie, ed in secondo piano assicurazioni, miniere ed acquedotti, facevano peraltro da battistrada al fiorire delle società anonime che avrebbero caratterizzato in tutta Italia gli anni Cinquanta, e quindi anche a Roma, piuttosto modestamente, s'intende, e sempre con Antonelli e Torlonia bene al centro, una modernizzazione difficile, come sì suol dire eufemisticamente, che non impediva pertanto alla Cassa ancora alla vigìlia del 1859, e per dirla con la prudente A., di privilegiare i grandi affari, patrocinati da una ristretta élite finanziaria, solidamente rappresentata nel con­siglio d'amministrazione .
II fatale 1859 ed il decennio che lo segue, faticoso per l'Italia, rachitico per Roma, costretta a sottostate ad un corso forzoso la cui inflazione cartacea non potè-