Rassegna storica del Risorgimento
STATO ; MANIFESTO
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2000
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604 Libri e periodici
molitorio garganico, ricoperto di vastissimi boschi. Per di più il terreno tra il Fortore ed il Biferno, dal mosso rilievo collinare, era costituito dal susseguirsi di grandi boschi, da quello di Dragonara alla Selva delle Grotte sino al bosco di Petacciato, sul litorale a nord di Termoli, che costituivano in pratica un'unica enorme, fittissima ed inestricabile selva macchiosa, piena di dirupi, di caverne, d'insidie, di burroni, priva di strade, inaccessibile, e quindi rifugio ideale per le bande, ostacolo insuperabile alle forze regolari.
Per tale caratteristica conformazione geografica, il Tavoliere veniva a costituire l'area naturale di precipitazione e d'incontro delle diverse coerenti di brigantaggio delle aree limitrofe, al punto che, più che di brigantaggio del Tavoliere,/vien quasi da definirlo brigantaggio nel Tavoliere. Da tutto ciò scaturisce la difficoltà di ridurre ad univocità un fenomeno particolarmente variegato e complesso quale fu il brigantaggio in Capitanata, che non ebbe un'unica dinamica propulsiva ma fu invece pluri-centrico per eccellenza.
In questo quadro ben s'intuisce la difficoltà profonda, da parte delle forze governative, di controllare e reprimere il brigantaggio. Le uniche forze adatte allo scopo erano infatti costituite dalla cavalleria, affiancata da reparti di fanteria leggera particolarmente agile e veloce. Ma in realtà anche la cavalleria trovava grosse difficoltà ad operare sui terreni pesanti del Tavoliere, per non parlare del suoli impervi e selvosi del Subappennino, del Fortore e del Gargano. Inoltre, la mobilità delle bande e la vastità del territorio imponevano una grande dispersione dei reparti, con conseguente logorio dei cavalli e riduzione dell'efficienza militare.
A ciò si aggiunga l'alto livello di centralizzazione e di organizzazione che raggiunse il brigantaggio nel Tavoliere sotto la guida di Michele Caruso di Torremaggio-re e di Giuseppe Schiavone di S. Agata di Puglia. Caruso, il maggiore capobanda del Tavoliere, aveva la sua base principale nell'inaccessibile e vastissima Selva delle Grotte, nella media valle del Fortore, ai confini tra le provirìcie di Foggia, Campobasso e Benevento. A lui si aggiungeva frequentemente l'altro capobanda Schiavone, che rappresentava l'anello di congiunzione tra Caruso e Crocco, tra il brigantaggio del Tavoliere e quello del Vulture e dell'Alta Irpinia. Non a caso, furono appunto le mobilissime e temibilissime grandi bande a cavallo di Caruso e Schiavone a dominare il Tavoliere nel 1862-63.
Era questo un grande brigantaggio organizzato militarmente e con scopi latamente politici, finalizzato com'era alla sovversione e alla destabilizzazione del regime, Capitanate da uomini capaci, intrepidi e spregiudicati, conoscitori perfetti del luoghi, perfezionati in tal genere di guerriglia, le bande a cavallo evitavano i paesi, scorrevano continuamente le campagne di giorno e di notte, rifornendosi di viveri e cavalcature nelle masserìe, senza avere direzione determinata e cambiandola in continuazione a seconda delle circostanze. La loro mobilità era estrema e ciò li poneva in forte vantaggio sulle truppe, la cui azione era tardiva ed inefficace e la combattività spesso scadente. Solo alla fine del 1863 le grandi bande vennero stroncate dai successo raggiunto dalle misure repressive finalizzate da un lato a colpirne il rifornimento, e dall'altro, sul piano militare, ad agganciarle e costringerle allo scontro.