Rassegna storica del Risorgimento
STATO ; MANIFESTO
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2000
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608 Libri e periodici
stesso tempo il gradimento del re, del presidente liberaldemocratieo Depretis e di Leone XIH) allo schierarsi sempre più netto di Campello, soprattutto al tempo delle elezioni politiche del 1890, dalla parte dei moderati. L'indicazione fatta da Rudini conferma il senso di quell'itinerario (a totale vantaggio di quella Destra alla quale ancora si rimproverano gli anni del dilaceramento ) ed evidenzia quella che, a mio parere, è una delle principali difficoltà che, nel 1891 e forse ancor più nel 1896, incontrò il conciliatorismo rudiniano.
Carusi ricorda, in proposito, fonti che riferiscono di ostacoli frapposti dalla Massoneria e dallo stesso Sovrano, e porta nuove prove della forte ostilità francese ad ogni forma di conciliazione fra la S. Sede e lo Stato sabaudo. Peso indubbio hanno poi gli orientamenti antichi e recenti del Pontefice e quelli del segretario di Stato. Va ricordata la riluttanza di Leone XIII di fronte al varo di uà partito conservatore nel 1879; ma soprattutto vanno tenuti presenti gli sviluppi del pensiero leoniano e le ripercussioni sull'atteggiamento pontificio dell'ingresso nel governo italiano di Crispi e Zanardelli, portatori, dal 1887, di un indirizzo ben diverso da quello del Depretis. Di fronte a tale situazione il Papa e il nuovo segretario di stato Rampolla avevano intrapreso, non soltanto sul piano dei rapporti internazionali, nuovi orientamenti che difficilmente, nel 1891-92, potevano essere abbandonati. Ormai in atto era, infatti, il miglioramento delle relazioni fra la Chiesa e la repubblica francese, mentre già da qualche anno nell'italiana Opera dei Congressi prevaleva la linea più intransigente e astensionista del nuovo presidente Paganuzzi, insieme a quella tendenza cattolico-sociale che nel maggio "79'1 è ufficialmente consacrata dalla Rerum Novarum. Certo è che il nuovo rapporto fra la S. Sede e la democratica Repubblica di Francia rendeva più problematico uno schieramento pure dei cattolici papali in favore della Destra italiana.
Anche se di Rudini muoveva dei passi non trascurabili in direzione di quanto era richiesto dal Pontefice e dal mondo cattolico (basti pensare all'offerta del riconoscimento della piena sovranità dei Papa sul territorio vaticano e della rinuncia alla nomina dei vescovi per le diocesi di patronato regio) delle resistenze, nel descritto contesto, erano prevedibili, anche a prescindere dalla persistente richiesta pontificia di una parte non esigua della città di Roma. Sul piano intemazionale, il rinnovo della Triplice da parte del di Rudini aumentava le difficoltà nel momento in cui, da parte della S. Sede, si volevano stabilire, come si è detto, cordiali rapporti con la Francia; sul piano interno le aspirazioni elettorali del marchese apparivano dirette ad un assorbimento dell'elettorato cattolico in quella Destra che appariva sospetta anche sul piano strettamente religioso, 11 caso di Campello non poteva non rafforzare quelle preoccupazioni, dal momento che evidenziava un preoccupante spostamento dalle posizioni del 1886 a quelle del 1890. Gli studi di Ornella Confessore, di Giuseppe Ignesri e di Filippo Mazzonis hanno fatto emergere le differenze tra il gruppo umbro-romano e quello toscano dei conservatori nazionali. Il primo infatti non condivideva certe tendenze più accentuatamente aconfessionali e autonomiste del secondo; ciò aveva assicurato all' Unione Romana il consenso pontifìcio alla collaborazione con liberali di entrambi i partiti fino al 1888. La volontà espressa da uno dei capi di quell'Unione, quale era Paolo di Campello, di sostenere una lista agrario-moderata