Rassegna storica del Risorgimento

Risorgimento. Storiografia
anno <2001>   pagina <6>
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6 Franco Della Perula
utilizzazione parzialmente strumentale che riuscì a farne uno dei mezzi impiegati nel processo di costruzione di un'identità italiana accanto alle trame cospirative e alle manifestazioni di piazza, all'esaltazione di Pio IX e alla formazione dei miti di Balilla e della battaglia di Legnano, al recupero del tricolore e all'adozione del cappello alla calabrese per celebrare il coraggio di quelle popolazioni nella lotta contro l'assolutismo borbonico.
Per questi aspetti della biografia verdiana un'ampia letteratura che va dagli spunti di un'insicura aneddotica e dalle più o meno puntuali rievo­cazioni cronachistiche fino alle più recenti sistemazioni critiche ha indi­viduato e fissato le circostanze, le situazioni e le congiunture in cui Verdi si fece più immediatamente interprete delle aspirazioni e delle tensioni verso il rinnovamento italiano e calò le sue inclinazioni politiche all'interno della creazione artistica; di qui anche un'accorta utilizzazione dei libretti scelti, nei quali ricorrono frasi ed episodi che si prestavano a essere interpretati dal pubblico come allusioni all'attualità politica e che furono inseriti a volte casualmente, e a volte vennero invece cacciati dentro poco meno che a forza per trascinare il pubblico.8) E non sarà quindi inutile riproporre al lettore un rapido spicilegio dei brani di Verdi che, più direttamente legati alla temperie risorgimentale, divennero emblematicamente popolari negli anni decisivi del processo di unificazione, grazie anche alla calda musicalità e alla facile cantabilità.
La vicenda del melodramma patriottico verdiano inizia lo si è detto con il 1842, l'anno del Nabucco (composto dopo le prime prove del-VOberto e di Un giorno di regno), l'opera in cui il compositore musicò versi che vennero subito interpretati in chiave antiaustriaca: Nei tuoi servi un soffio accendi / che dia morte allo stranier; Oh mia patria si bella e perduta; e Va pensiero sull'ali dorate fino a posarsi sui clivi e sui colli dove olezzano tiepide e molli / l'aure dolci del suolo natal: un coro struggente, questo, che doveva inevitabilmente far ricordare agli ascoltatori i tanti italiani costretti all'esilio dai governi dispotici, e di cui si è detto che è forse la più bella melodia verdiana per l'ampiezza del suo respiro, per la signorilità sobria del suo periodo e per la sua commossa e sostenuta espres­sività .9>
Secondo alcuni studiosi Verdi nella stesura del Nabucco non avrebbe calcato premeditatamente il pedale patriottico e non sarebbe stato consape­vole della valenza politica di alcuni dei brani del lavoro.10) Ma questa asser-
*) Il giudizio è ài Aldo Obcrdorfcr, in Autobiografia dalie ietterà cit., pp. 190-191.
0) GINO RONCAGLIA, Uasce sa creatrice di Giuseppe Verdi, Firenze, Sansoni, 1940, p. 36.
"0 V. tra l'altro A. OBBRDQRPER, Autobiografia dalle lettere cit., p. 191 e MASSIMO MJLA, Giuseppe Verdi, Bari, Laterza, 1958, p. 331. Cfr, anche E. CHECCHI* G. Verdi (1813-1901), Firenze, Barbèra, 1901, p. 69.