Rassegna storica del Risorgimento

Risorgimento. Storiografia
anno <2001>   pagina <21>
immagine non disponibile

Verdi e il Risorgimento
21
vicende politiche dell'Italia unita, nelle quali (anche dopo la nomina a senatore, 15 novembre 1874) non intervenne più in forma attiva e che SÌ limitò a commentare, in chiave talora eccessivamente critica e pessimistica, nelle lettere indirizzate agli amici più fidati. Si tratta di un insieme di prese di posizioni e di giudizi noti, che tuttavia sarà forse opportuno ricordare, non soltanto come documento delle inclinazioni e degli atteggiamenti del compositore sui fatti della vita politica, ma anche come testimonianza del clima di delusione, preoccupazione e diffidenza per l'operato e le capacità della classe politica post-risorgimentale che predominò in quei decenni in larghi settori dell'opinione pubblica italiana e al quale partecipava anche il musicista.
L'apprensione per le sorti del paese, giudicate assai spesso periclitanti, è una nota dominante nei carteggi di Verdi già dalla metà del 1862 quando, a proposito del gabinetto presieduto da Urbano Rattazzi, esclamava: Pove­ra Italia! Ma che fa questo ministero così inviso a tutti che non si dimet­te?.65) E la preoccupazione per il paese tornava, come un intercalare, quando in occasione dei disordini scoppiati a Torino per la Convenzione del settembre 1864 che trasferiva la capitale da Torino a Firenze scriveva alla Maffei: La condotta del sindaco, municipio, magnati è ben poco italiana. Povera Italia! Son molti i suoi figli, ma gli italiani ben pochi!.66) E questa visione pervasa di toni grigi non poteva che oscurarsi ancor più di fronte a momenti critici come le sconfitte nella guerra del 1866 contro l'Austria, con la retrocessione del Veneto all'Italia da parte di Napoleone III che considerava disonorevole: La nostra situazione è... orribile, esterna­mente ed internamente.67) Di qui le ripetute recriminazioni contro i no­stri padroni, come chiamava gli uomini al governo, che a suo parere accumulavano coglionerie sopra coglionerie, chiacchiere sopra chiacchie­re , mentre il paese era minacciato di rovina.68)
alTArrivabene l'8 ottobre 1865 È rosso: ma meglio un rosso che un nero (A. ALBERTI, Verdi intimo cit., p. 60).
6 Lettera a O. Arrivabene dei 28 agosto 1862 (ivi, p. 22).
*9 Lettera del 26 settembre 1864 (A. Limo, // carteggio di Giuseppe Verdi con la con­fessa Maffei cit., pp. 521-522).
** Lettere a Lion Escudier del 6 e 14 luglio 1866, in VERDI, Autobiografìa dalle lettere cit, PP- 209-210; e v. anche le lettere a O. Arrivabene del 22 luglio, 28 settembre e 10 dicembre 1866 in A. ALBERTI, Verdi intimo clfc, pp. 71-73.
<5J Lettera a O. Arrivabene, 9 aprile 1868, /Iwf, p. 85. Indicativa della disistima nutrita da Verdi nei confronti degli uomini di governo italiani è la sua decisione di respingere nel maggio 1868 la commenda della Corona d'Italia dopo che il ministro dell'istruzione Emilio Broglio in una lettera a Gioacchino Rossini del 29 marzo aveva giudicato gravemente