Rassegna storica del Risorgimento
Risorgimento. Storiografia
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2001
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Dionisio Morlacco
1843. Il Mauro aveva infatti ricavato dalle deludenti esperienze precedenti la conclusione che i "ricchi", cioè i grandi proprietari, non potevano costituire la forza essenziale di un movimento insurrezionale perché, così argomentava, "m'accorsi che i ricchi in Calabria non valgono a nulla" e si sentivano incapaci di mantenere nella rivoluzione "quel posto che li avesse fatti durare nel loro antico potere, e nella prima superiorità poiché ignoranti come essi sono non valgono che ad accrescere il peso del loro scrigno e il numero delle loro bestie, a por mente agli inchini che il povero popolo oppresso loro fa e in cui sta tutta la grandezza che possono raggiungere". Alla sfiducia negli abbienti il Mauro contrapponeva la speranza nel popolo i contadini e le "maestranze" visto come la forza decisiva del moto rivoluzionario: "Il popolo, che io fino allora aveva creduto incapace a far nulla senza il cenno di quelli che lo calpestavano, e che avrebbe impaziente atteso l'occasione di spacciarsi dì quei Signori che io credeva a lui o troppo accetti, o troppo formidabili [...]. Io venni allora nella primissima opinione, che un popolo in parte selvaggio, e poi certamente tutto oppresso ed affamato, non avrebbe difficoltà alcuna a gettarsi in un moto rivoluzionario, che tanto avrebbe cambiato la sua condizione" .8>
Questa idealizzazione del mondo contadino trovava la sua giustificazione nelle particolari esigenze storico-sociali del regno, prima fra tutte l'aspirazione delle popolazioni delle campagne al possesso della terra demaniale, usurpata dai galantuomini, che rappresentavano il primo nemico dei contadini e del proletariato, donde la particolare aspirazione democratico-egualitaria del Mezzogiorno, dove, prima dell'indipendenza e dell'unità nazionale, era più avvertita l'urgenza del riscatto sociale; dove la libertà doveva tendere "a migliorare la condizione della classe più numerosa e più povera" e l'uguaglianza altro non era che "l'esecuzione di questo miglioramento per l'abolizione d'ogni privilegio", "uguale considerazione d'ogni cittadino in faccia alla legge", ma anche "il giusto riparto dei beni terreni fra tutti gli uomini in misura delle loro fatiche, e dell'utile che recano alla società" j Dunque, la rivoluzione italiana, per soddisfare le esigenze delle masse lavoratrici, doveva essere politica e sociale a un tempo,10)
Pareva che riecheggiasse nel Mauro il monito dell'ex-giacobino calabrese Francesco Saverio Salti, che una decina d'anni prima aveva affermato che là rigenerazione dell'Italia non sarebbe venuta tanto dalle classi elevate,
J Ivi, p. 403.
9) Itti, pp. 143-149.
n M p. 337.