Rassegna storica del Risorgimento

Risorgimento. Storiografia
anno <2001>   pagina <42>
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Dionisio Morlacco
in verità, limitava la portata della decisione presa nell'estate e ricono­sceva la libertà della Chiesa nei campo spirituale, e per quanto riguardava i suoi beni immobili stabiliva che dovessero essere liquidati o convertiti, e che un terzo del ricavato, calcolato in 600 milioni, dovesse andare allo Stato, mentre gli altri due terzi sarebbero andati alla Chiesa, e per essa ai vescovi.68) Il progetto, pur essendo visto con favore da molti cattolici, fu respinto sia dalla Chiesa che dai liberali moderati e, soprattutto, dalla Sini­stra. Nel paese, intanto, si stava diffondendo una certa agitazione contro il progetto Scialoia, e varie associazioni democratiche e società operaie avevano cominciato a pronunziarsi contro di esso . Ora, per la dura oppo­sizione parlamentare (Cairoli, De Boni) e per il malcontento generale, in seguito al rifiuto di Ricasoli di accettare un ordine del giorno di Mancini, riguardante le libere riunioni dei cittadini approvato con 136 voti a favore e 104 contrari il ministero fu costretto a dimettersi (11 febbraio) e la Camera fu sciolta il 13 febbraio.
La campagna elettorale per le nuove elezioni generali ebbe come punto focale i rapporti con la Chiesa, e su questi argomenti religiosi (sull'abolizione dei beni ecclesiastici, sulla libertà della Chiesa, come veniva intesa nel progetto Borgatti-Scialoja presentato alla Camera il 17 gennaio 1867, in cui si coglievano le menzogne della politica del ministero Ricaso-li),69) anche il Mauro impostò la sua dura campagna elettorale, ancora nel Collegio di Lucerà e ancora contro Ruggero Bonghi, nelle elezioni del 10 marzo 1867 per la X Legislatura, nelle quali fu eletto al primo scrutinio con 344 voti contro i 172 di Bonghi (su 634 votanti).
Dopo le elezioni, costituitosi il governo Rattazzi che aveva già cri­ticato aspramente il progetto Scialoia, sia per quanto riguardava il modo di regolare la libertà della Chiesa, sia per quanto riguardava la liquidazione dei beni delle corporazioni soppresse, che, egli affermava, erano stati avocati allo Stato dalla legge 7 luglio 1866 e dovevano essere venduti col maggiore profitto possibile nell'esclusivo interesse dell'erario statale fu ripreso il programma del risanamento finanziario per mezzo dell'asse ecclesiastico, unico bene nazionale non ancora sprecato; per rendere più agevole l'alienazione di un così grande patrimonio sarà utile valersi dell'opera di comuni e province: occorrerà frazionare il più possibile le proprietà e facilitarne l'acquisto anche a persone non ricche, in modo da creare una
W) Ivi, p. 359.
**> li progetto parlava della libertà della Chiesa, ma non di quella del popolo dei fedeli, né si riconosceva a questi l'amministrazione dei beni destinati al culto, né si parlava della facoltà di eleggersi i vescovi, né della libertà del basso clero, asservito ai vescovi.