Rassegna storica del Risorgimento
Italia. Garibaldini. Secolo XIX
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2001
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pagina
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59
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Valentino Stoppa garibaldino 59
Di fronte a Garibaldi non vi erano mercenari prezzolati, ma un esercito ben organizzato e spesso valoroso, che mise in evidenza le carenze delle truppe garibaldine in fatto di armamenti ed organizzazione: mancavano vettovaglie, vestiti, scarpe e munizioni. Inoltre i volontari erano sprovvisti d'artiglieria e cavalleria.
Stoppa ricorda che, dopo diversi anni, andandolo a trovare perché malato, Bertazzoni gli disse di avere un solo grande rimorso: quello di essere venuto a consigliare i garibaldini di abbandonare il corpo dei volontari e avervi lasciati soli a combattere contro i mercenari del papa a Mentana. Povero dottore! Era stato ingannato da falsi mazziniani .
Tra i volontari si accesero discussioni se restare con Garibaldi o partire, scoppiarono risse, vi fu chi gridò: Tutti a Firenze a proclamare la repubblica e voi restatevene qui a servire la Monarchia. Erano i soliti paroloni dei capi mazziniani commenta Valentino e ricorda partirono sogghignando senza un saluto. Proprio quelli che oggi spuntano la pensione ed indossano la camicia rossa ogni momento erano i più chiassosi ed insistenti per abbandonare il campo e tornare a casa.
Di 89 lughesi nella colonna Bolis eravamo rimasti ben pochi. Fatto l'appello ci trovammo in 12: il conte Bolis, io, Bosi Francesco, Farina Francesco, Nuvoli Bartolomeo, Giovanni Baruzzi, Giovanni Baldini, Battista Venturi, Babini Antonio, Capra Romildo, Valenti Valentino ed il conte Sindaci di Roma. Su questo doloroso abbandono dei nostri compagni d'armi non aggiungo altro; le memorie autobiografiche di Garibaldi, gli scritti di Bizzoni, della White Mario e di Ernesto Pozzi mazziniano fervente narrano acerbamente e censurano il triste fatto .
Rimasti in pochi il loro capitano, conte Bolis, rinunciò al grado volendo rimanere un semplice combattente.
JL<7 marcia per Tivoli
Il mattino del 3 nov. ci comunicarono che eravamo aggregati ai bersaglieri del colonnello Missori, sotto il comando del capitano Antongini di Milano. Si marcia per Tivoli. Vediamo il generale discendere dalla torre del palazzo Piombino, dove era stato a scrutare le mosse del nemico, che disse ai nostri: "Io non li obbligai a venire, né li obbligo a restare, noi combatteremo finché Roma non sarà nostra" . Altri tuttavia non ne volevano sapere di combattere e ricorda amareggiato Valentino mentre noi partivamo verso Tivoli essi partivano per Passo Corese dove trovarono i granatieri italiani ed il colonnello Caravà, il quale disarmandoli diceva loro: "Sentite il cannone? I vostri fratelli combattono e voi fuggite" ed altre parole offensive e con disprezzo gli strappava le armi. Da più di 7.000 eravamo ridotti solo