Rassegna storica del Risorgimento

Italia. Storia amministrativa. Secolo XIX
anno <2001>   pagina <227>
immagine non disponibile

Per una storia politica delPanticlericatismo 227
escludere un cattolicesimo troppo aggressivo e invadente, oppure a rico­struire o irrobustire i legami con i radicali; dall'altro a ravvivare il carattere innovativo del progetto politico risorgimentale,, oppure a rafforzare una corrente liberale a scapito di altre.
In via conclusiva, alcune considerazioni sull'uso che i liberali hanno fatto dell 'anticleri calismo nel contesto politico romano, per quanto rapide e sommarie, possono esemplificare bene quel che abbiamo appena accennato. Nei primi anni Settanta, davanti al veemente quanto imprudente tentativo dei cattolici di conquistare di slancio l'amministrazione capitolina, per il ceto politico liberale l'anticlericalismo rappresenta un riflesso difensivo pressoché obbligato. Alla fine di quel decennio, tuttavia, con il mutamento della stra­tegia cattolica, e con la considerevole alterazione della situazione politica causata dalla rivoluzione parlamentare, esso smette di essere nello scontro per il potere un elemento indispensabile e dirimente, e tale da rivolgersi prevalentemente contro la destra antistatutaria. Semmai, negli anni imme­diatamente precedenti all'inaugurazione del trasformismo, l'anticlericalismo si trasforma in un più sottile strumento delle strategie interne al centro di governo: uno strumento al quale ricorre soprattutto Agostino Depretis al fine di regolare minuziosamente gli equilibri fra moderati e progressisti, e di ostacolare i più pericolosi fra i suoi avversari.
È soltanto alla fine degli anni Ottanta che l'avvento al governo di Francesco Crispi, e il conseguente tentativo di bonificare le paludi del tra­sformismo rilanciando l'iniziativa riformistica liberale, si traducono in una nuova fiammata anticlericale, su cui si innesta a Roma l'effimera vicenda del blocco Baccarini. In questo caso non si tratta di un anticlericalismo difensivo e obbligato, com'era all'inizio della decade precedente, quanto piuttosto dello sforzo di ritrovare e ravvivare le radici ideologiche e la ragion d'essere politica del centro di governo, di restituirlo insomma a un progetto ambizioso e prepotente di trasformazione del paese. Questa sta­gione, com'è noto, si conclude presto, e con gli anni Novanta si inaugura un quadro di circostanze e urgenze assai differenti: fra i liberali torna a prevalere un riflesso di arroccamento, ma è difesa soprattutto conte i fossi, non più contro i neri, e sono quindi le insegne del blocco d'ordine, non quelle dell'anticlericalismo, a tenere il campo. Di conseguenza, anche i gruppi dell'Estrema sinistra attenuano di molto la propria aggressi­vità anticlericale, puntando piuttosto sulla questione sociale e sul problema della gestione dell'ordine pubblico, così da staccarsi in maniera ancora più netta dal liberalismo di governo e dotarsi di un'identità politica meglio definita.
Malgrado rappresenti un indubbio terreno di convergenza fra liberali ed Estrema, l'anticlericalismo non riacquista rilievo politico all'indomani