Rassegna storica del Risorgimento

BERTINORO ; AURELIO SAFFI ; ONORANZE
anno <2002>   pagina <98>
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9 Libri e periodici
lare) che gli permise di sviluppate la conoscenza di alcuni dei concetti fondamentali della materia, quali il diritto di natura, l'idea di libertà e della personalità umana nella scienza giuridica (in seguito alla base delle sue teorie internazionalistiche) e, al con­tempo, di avvicinarsi alle idee liberali,
Nel 1844 apparve anche il primo contributo scientifico di Mancini sul diritto internazionale privato come recensione dell'opera di Niccola Rocco, Dell'uso e auto­rità delle leggi del Regno delle Due Siri He considerate nelle relazioni con le persone e col ter­ritorio degli stranieri (Napoli, 1837), dove si poteva intravedere in nuce la sua dottrina sul conflitto tra norme giuridiche (Ko/lisionsrecbt).
Contemporaneamente Mancini, era molto attivo sul piano politico e influenza­to dai fermenti liberali dell'epoca: dopo lo scoppio dell'ondata rivoluzionaria del 1848 si aprì per Mancini la strada della carriera politica; fu infatti eletto il 18 aprile 1848 deputato di Ariano al Parlamento napoletano dove si distinse per il suo impe­gno circa la codificazione dei codici di diritto civile e penale.
Nell'ambito della prima guerra di Indipendenza il Mancini si rese protagonista di una petizione al re, Ferdinando II, per l'invio di truppe contro l'impero austriaco, accolta poi dal sovrano. La successiva implosione del movimento rivoluzionario in­vestì anche il Regno delle Due Sicilie dove il re adottò una politica fortemente rea­zionaria che Mancini denunciò redigendo una protesta intemazionale. Di li a poco si sarebbe aperta per il giurista napoletano la strada dell'esilio prima verso Genova e poi verso Torino. Mancini si presentava così, con un definito background culturale nella capitale del Regno di Sardegna, dal quale sarebbe partito l'impulso per Funificazione dell'Italia. Nel 1850 fu istituita per lui una cattedra di diritto interna­zionale e nel 1851 tenne il suo famoso discorso di inaugurazione ( Della nazionalità come fondamento del diritto delle genti) dove presentò per la prima volta le sue teorie sul principio della nazionalità ; secondo Mancini alla base del diritto interna­zionale non vi erano gli Stati, bensì le Nazioni. Egli non negava l'esistenza degli Stati (dal punto di vista gjuridico-internazionale solo questi ultimi erano titolari della per­sonalità giuridica ed erano gli unici ad avere la capacità di negoziare e concludere trattati) ma Mancini vedeva, sul piano scientifico, le Nazioni come monadi del dirit­to intemazionale. Queste avevano delle caratteristiche obiettive come il territorio, l'origine, la lingua, la religione, le consuetudini e i costumi; l'insieme di questi ele­menti formava la coscienza della nazionalità. Attraverso l'accentuazione di questi elementi soggettivi il principio di nazionalità di Mancini acquisiva un significato poli­tico. La più importante base ideale della dottrina di diritto intemazionale di Mancini è costituita daU' idea di libertà (tratta dal pensiero di Immanuel Kant tanto caro al giurista napoletano): come ad ogni individuo è riconosciuta la libertà, la stessa cosa può essere applicata alle nazioni. Poiché l'esercizio della libertà è ammissibile solo sino al punto in cui non lede la libertà degli altri, anche le Nazioni devono ricono­scere la loro reciproca sovranità ed indipendenza. Da ciò ne deriva che lo Stato deve rispettare coloro i quali appartenevano ad altri Stati e quindi, sul piano del diritto internazionale privato doveva essere garantito allo straniero l'utilizzo del diritto del suo Paese di provenienza. Ciò era da considerarsi non come un comitas gerititi w, ben­sì come un vero e proprio dovere derivante dal diritto intemazionale.