Rassegna storica del Risorgimento

"FIGLIUOLI DELLA GIOVINE ITALIA"; MUSOLINO BENEDETTO JUNIOR ; SE
anno <1923>   pagina <858>
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388 Giuseppe Paladino
Stato del 26 dicembre '39 fu mostrato al re un sunto dei risul­tati ottenuti adi Bel Garretto chiese che gli atti si riméttessero ai magistrati. Ma questi furono di parere diverso ed ordinarono che si continuasse Fistruttoria (31 marzo 184.0).
Il Marchese si rimise all'opera e trovò un aiuto inaspettato nella scoperta, che si fece proprio allora a Livorno, delle carte del Vincenti. Costui il 12 febbraio giunse da Marsiglia in To­scana con le patenti e le scritture dategli da Benedetto Muso-lino l'anno innanzi. Avendo le autorità perquisito il bagaglio, e rinvenuto il materiale, lo dichiararono in arresto. Cercò il viag­giatore di giustificarsi dicendo che le carte erano state messe inavvedutamente nella valigia da un compagno, che le possedeva, ma la scusa non gli fu menata buona e di lì a poco il Viucenti passò nelle prigioni di Milano a disposizione di quel Tribunale Criminale, da cui dipendeva come suddito lombardo-veneto. Copia delle carte fu rimessa a Napoli e il Marchese potè esibire ai giu­dici alcuni documenti dell'attività musoliniana fuori del Begno, quali la prima volta non aveva potuto o voluto presentare.
In questa seconda fase del processo si cercò di approfon­dire le indagini in Calabria per vedere quale diffusione vi aves­sero i figliuoli della Gioim-ne- MBÌ-M,9 e il capo della provincia di Catanzaro ebbe incarico di rar ri cerche nelle regioni limitrofe e fino a Messina, il cui Intendente""'! lagnò dell'altrui intervento nel campo a lui riservato. Ma nuli'altro si ottenne che l'arresto di Domenico Colei li, latitante come si disse per delitto co­mune, il quale non fece alcuna; confessione. Esito anche più ne­gativo ebbe una gita d'.el sergente di gendarmeria De Simone ad Aversa per tentare di cavar qualche cosa dalla bocca di Ot­tavio Bilotta rinchiuso in quel manicomio. Ma il disgraziato si chiuse nel mutismo più assoluto. Furono interrogati di nuovo i rivelatori e gli accusati, ma questi non aggiunsero verbo a quanto prima avevano detto; quelli si limitarono a riferiresoltanto qual­che particolare in più, sforzandosi sopratutto dì dMectB la pro­pria posizione compromessa dai contatti coi cospiraèoji* Degno di nota il fatto cogirnel verbale del nuovo interrogatorio subito dallo Sciplini si accenna alla nota lettera pel éranebi e si tenta di giustificarne la mancata esibizione. Ma l'averne parlato senza riportarla neppure in copia suscitò nei giudici, mal disposti verso la Polizia, il grave sospetto che si trattasse di un documento inventato. L'opinione che tutto il processo fosse una montatura