Rassegna storica del Risorgimento
"FIGLIUOLI DELLA GIOVINE ITALIA"; MUSOLINO BENEDETTO JUNIOR ; SE
anno
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1923
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pagina
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869
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Benedetto Musolino, Luigi Settembrini, ecc. 869
stigo del colpevole . Assicurò che la Polizìa era sempre vìgile, espresse l'augurio che la magistratura compisse in altra occasione il dover suo e terminò il rapporto, ricordando il caso del generale Montholon, condannato poco innanzi in Francia per la sollevazione di Boulogno, quantunque fosse risultato ignaro dello scopo, cui mirava il tentativo, fino quasi al momento, nel quale avrebbe dovuto aver luogo, e l'avesse disapprovato appena conosciutolo.
Il Del Garretto si limitò a difendere in generale la Polizia dagli attacchi, che ad essa si facevano, ma, non contento di questo, incaricò il Marchese, il più direttamente interessato nella vertenza, di esaminare e confutare punto per punto le argomentazioni dei giudici. E il Marchese postillò di mano sua la sentenza. Ecco le principali osservazioni che fece. Insostenibile la tesi che nella setta mancasse il capo. Tutto provava invece che vi era. Eppoi l'assenza del capo dimostrava forse che non esistesse la segreta associazione? La Polizia non procedette contro il Musolino per il disegno del suggello e restituì allo Sciplini la lttie;tà del medesimo al Granchi per i motivi ormai noti ai lettori. La perizia calligrafica era inattaccabile perchè eseguita col confronto di varie carte non criminose riconosciute per sue dal Musolino e non soltanto della lettera presentata dal denunziante. L'imputato usava promiscuamente, nel sottoscriversi, la sforma Nusoìatio e l'altra Monsolino. Che lui e lo Sciplini si conoscessero era sicurissimo. L'autorità non eseguì sorprese alla Posta, ignorando in principio uno dei recapiti di Benedetto Musolino, quello al nome di Cristina Monlefiore, e anche per non suscitare allarme e mettere sull'avviso i colpevoli, ciò che sarebbe accaduto, se avesse sequestrato la corrispondenza. Avvenuta la delazione del Barbuto, non potevasi ritardare oltre l'arresto del capo della setta; in quella circostanza erasi rinvenuta la letterajlleseajlè, secondo il rapporto regolarmente redatto dal funzionario. Il prete era stato veritiero: le sue con tradizioni si spiegavano col timore di esser fatto segno a vendette. La sua condotta era sempre stata buona, malgrado il giudizio contrario dei superiori. Male aveva fatto il vescovo a rifiutarsi di ascoltarne la denuncia contro il Settembrini, mentre avrebbe dovuto raccoglierla e riferirla al re secondo il,;Concordato. Nessun dubbio che il professore del Collegio di Catanzaro conoscesse il Barbuto e l'Anastasio. Non minor fede meritavano le rivelazioni di Giacomo Esealonne. La